Il culto di Santa Veneranda, vergine e martire cristiana vissuta nel II secolo, è radicato in molte città italiane, europee e del Medio Oriente. Nata da Agatone e Ippolita, ferventi cristiani che a lungo avevano desiderato un figlio, venne alla luce il Venerdì Santo del 100 d.C. e fu chiamata Veneranda in onore del giorno della Passione di Cristo. In Oriente è conosciuta come “Santa Parasceve,” dal greco “preparazione,” il giorno che precede il sabato, simbolo cristiano del sacrificio di Gesù.
La storia della Santa
Dopo la morte dei genitori, all’età di circa vent’anni, Veneranda vendette tutti i suoi beni e si dedicò completamente a Dio. Viaggiò tra Sicilia, Calabria e Campania, predicando il Vangelo e convertendo numerosi pagani, spesso accompagnata da miracoli e prodigi.
Le sue attività suscitarono invidie: fu denunciata e presentata al prefetto Antonino Pio. Nonostante le torture inflitte per farla rinunciare alla fede, Veneranda rimase salda, rifiutando allettamenti e proposte di matrimonio. Sopravvisse miracolosamente a ogni supplizio: un elmo di ferro rovente non la ferì, venne crocifissa ma un angelo la liberò, e non fu danneggiata quando fu immersa in pece e zolfo. Le conversioni miracolose di molti testimoni portarono alla sua liberazione.
Riprese il suo cammino evangelico fino a incontrare il prefetto Taresio, che la fece nuovamente imprigionare e torturare. Anche stavolta, la Santa resistette illesa e sconfisse, con la preghiera, persino un drago inviato per ucciderla. Alla fine, Taresio stesso si convertì.
Poco prima della sua esecuzione, il 26 luglio del 143 d.C., Santa Veneranda pregò affinché Dio accogliesse le suppliche di coloro che l’avrebbero invocata. Secondo alcune fonti, la sua decapitazione avvenne ad Acireale, suo luogo di nascita.
Un culto radicato nella tradizione
In Sicilia si tramanda che la sua testa fu gettata in un pozzo, e che da allora l’acqua divenne miracolosa. Il culto della Santa si diffuse in molte regioni e numerose città conservano reliquie del suo corpo o degli strumenti delle torture.
A Moio della Civitella si custodisce una reliquia: un frammento del suo abito, racchiuso in una teca all’interno di una statua lignea.
Santa Veneranda è invocata per la liberazione delle anime del Purgatorio, contro pestilenze e carestie, e in Oriente anche per la guarigione degli occhi. Nell’iconografia tradizionale tiene una palma, simbolo del martirio, e il Vangelo nella mano sinistra, mentre nella destra impugna un Crocifisso. Indossa una veste verde, coperta da un mantello rosso che richiama il sacrificio della fede.
La festa che unisce i fedeli
La comunità di Moio della Civitella celebra con grande devozione la festa di Santa Veneranda (mentre Angellara lo fa in una data diversa). La ricorrenza è preceduta dalla novena, durante la quale si ripercorrono con canti e preghiere i momenti salienti della vita e del martirio della Santa. Un momento particolarmente toccante è la rappresentazione teatrale della sua vita, attesa ogni anno con emozione.
La devozione oltrepassa i confini geografici: anche i fedeli emigrati continuano a rivolgersi a lei con canti e preghiere, mantenendo vivo il legame con la tradizione.