La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da Fabio Cagnazzo, ufficiale dell’Arma, nell’ambito del processo per l’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica assassinato nel 2010. I giudici della Suprema Corte hanno rinviato il fascicolo al Tribunale del Riesame di Salerno, chiedendo ulteriori valutazioni, in particolare in merito a un possibile «accordo preventivo relativo all’inquinamento delle indagini» da parte di Cagnazzo.
Dubbi sull’attendibilità di Ridosso e sull’esistenza di un piano per sviare le indagini
Nelle motivazioni della decisione, la Cassazione chiede al Riesame quali elementi siano «indicativi del rafforzamento del proposto criminoso da parte di altri mediante l’assicurazione del successivo depistaggio?». Questo quesito centrale riguarda la presunta attività di Cagnazzo volta a sviare le indagini sull’omicidio, indirizzando l’attenzione degli inquirenti verso Bruno Humberto Damiani.
Sia per Cagnazzo, difeso dall’avvocato Ilaria Criscuolo, sia per l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, rappresentato dall’avvocato Giuseppe Stellato, il rinvio è motivato principalmente dalla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni rese dall’ex collaboratore di giustizia Romolo Ridosso.
Questione sull’utilizzabilità delle dichiarazioni di D’Atri e dubbi sulla presenza di Cioffi sul luogo del delitto
L’avvocato di Cagnazzo aveva inoltre sollevato una questione sulla «inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Eugenio D’Atri perché sarebbero state raccolte in assenza di un provvedimento di riapertura delle indagini da parte del giudici». Per quanto riguarda la posizione di Cioffi, la Cassazione esprime dubbi sulla possibilità da parte dei testimoni di individuarlo ad Acciaroli il giorno dell’omicidio e nel periodo precedente.
I giudici della Suprema Corte ritengono che l’ex militare dell’Arma non sia il killer di Vassallo, basandosi sulla sua presunta assenza dalla località cilentana nel periodo cruciale. Viene inoltre espressa cautela sulla credibilità della testimonianza di Pietro Campo, nipote della vittima, riguardo alla presenza di Cioffi nei pressi dell’abitazione del sindaco alcuni giorni prima dell’omicidio, in compagnia di Giuseppe Cipriano, ipotizzando una possibile «suggestione» dovuta alla visione di servizi televisivi sul caso.
Dieci punti d’accusa per il presunto depistaggio di Cagnazzo
La procura di Salerno aveva individuato dieci punti per evidenziare il ruolo di Cagnazzo nel presunto depistaggio. Tra questi, il sopralluogo ad Acciaroli di Cipriano e Ridosso per verificare la presenza di telecamere, informative e video acquisiti senza autorizzazione, e il pestaggio di Pierluca Cillo, amico e confidente di Vassallo. Secondo l’accusa, Cillo fu aggredito da Cagnazzo per aver rivelato i sospetti del sindaco su presunti traffici di droga.
Vassallo avrebbe manifestato l’intenzione di denunciare tutto ai carabinieri di Agropoli, non fidandosi di quelli di Pollica. La procura ipotizza una premeditazione da parte degli indagati, che avrebbero studiato un’imboscata per il sindaco. Nelle carte dell’accusa si fa riferimento anche a presunte responsabilità di Cipriano e Cioffi nell’organizzazione materiale dell’omicidio, attraverso un sopralluogo vicino all’abitazione di Vassallo.
Tuttavia, la Cassazione ha espresso dubbi sulla testimonianza relativa a quest’ultimo episodio. Resta centrale il nodo dell’identificazione dell’esecutore materiale dell’omicidio, un aspetto su cui la procura di Salerno, guidata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dai sostituti procuratori Guarino e Cioncada, continua a lavorare.