La Corte Suprema di Cassazione Sezione Lavoro, con ordinanza n. 10318/2025 pubblicata il 18 aprile 2025, ha respinto il ricorso presentato da un ex responsabile dei tributi del Comune di Agropoli, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Salerno del 18 maggio 2021. Quest’ultima aveva accolto solo parzialmente la domanda del dipendente relativa al compenso incentivante previsto dal Regolamento comunale sull’ICI per il personale addetto per gli anni 2000, 2001 e 2002.
Controversia sull’interpretazione del compenso incentivante ICI
La vicenda trae origine dalla richiesta dell’ex funzionario di un compenso incentivante di € 71.278,59 in relazione al suo ruolo di unico responsabile dei tributi del Comune di Agropoli negli anni in questione. Sia il Tribunale di Vallo della Lucania che la Corte d’Appello di Salerno avevano riconosciuto un importo significativamente inferiore, pari a € 1.069,24. La Corte d’Appello aveva ritenuto infondata la pretesa del ricorrente secondo cui la liquidazione dell’incentivo dovesse avvenire automaticamente sulla base del solo corrispettivo riscosso dal Comune a titolo di ICI. Al contrario, i giudici di secondo grado avevano affermato che l’incremento del gettito previsto presupponeva un effettivo impegno dell’ufficio tributi nella lotta all’evasione ICI, circostanza non provata dal dipendente.
Il ricorso in Cassazione e la difesa del Comune di Agropoli
Il funzionario aveva quindi presentato ricorso per Cassazione, contestando l’utilizzo da parte della Corte territoriale dei contratti collettivi ai fini dell’interpretazione della disciplina sul compenso incentivante. Tali contratti erano stati acquisiti agli atti solo in appello dal Comune di Agropoli, rimasto contumace in primo grado. L’ex responsabile tributi sosteneva l’inapplicabilità della disciplina dei contratti collettivi, ritenendo che l’incentivo dovesse essere calcolato applicando la percentuale prevista sul solo importo riscosso dall’Ente. La difesa del Comune di Agropoli, rappresentata dall’Avvocato Giovanni Maria di Lieto, aveva contestato la fondatezza della pretesa, evidenziando l’insussistenza delle condizioni di legge per ottenere l’incentivo, ovvero il raggiungimento di risultati di contrasto all’evasione tributaria notevolmente superiori agli obiettivi previsti per l’ICI, risultati che il dipendente non aveva mai conseguito né provato di aver superato.
La decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ex funzionario ritenendo fondate le argomentazioni difensive del Comune di Agropoli. Nella motivazione, la Cassazione ha affermato che «l’interpretazione della normativa regolamentare, cui la Corte territoriale fa esclusivo riferimento quale disciplina applicabile alla fattispecie, ben poteva essere desunta dalla ratio della disciplina successivamente posta dalla contrattazione collettiva, richiamata e prodotta dal Comune di Agropoli nel procedere, in sede di gravame, a contestare, del tutto ammissibilmente, come condivisibilmente ritenuto dalla Corte territoriale, la fondatezza della pretesa azionata dal ricorrente, trattandosi di norme di diritto conoscibili e valutabili in via diretta dal giudice, senza necessità di provocare a riguardo il contraddittorio delle parti». Con questa decisione, è stata definitivamente confermata la sentenza della Corte d’Appello di Salerno, che aveva riconosciuto all’ex responsabile tributi del Comune di Agropoli un compenso incentivante di gran lunga inferiore rispetto a quanto inizialmente richiesto.