Nella Settimana Santa, aperta con la Domenica delle Palme, il Cilento si veste di tradizioni religiose, folkloristiche e di gusto che caratterizzano la Pasqua. Quest’anno alcune di queste non potranno svolgersi, mentre qualcuna solo in modo virtuale vista l’attuale emergenza Coronavirus.
Alcune tradizioni appartengono alla religione come la lavanda dei piedi , un gesto simbolico compiuto da Gesù nell’ultima cena, che rappresenta un segno di ospitalità nel mondo antico, era un dovere dello schiavo verso il padrone, della moglie verso il marito, del figlio verso il padre. L’appuntamento è per il Giovedì Santo.
Nelle chiese del Cilento, inoltre, tradizionale è la visita dei “Sepolcri” raggiunti soprattutto dalle “congreghe”con lunghi canti e preghiere; per prepararli e adornali vi è l’usanza, molto diffusa, delle spighe di grano.
Il Venerdì Santo le campane in segno di lutto non suonano, per questo vi è la consuetudine di far suonare per le vie dei paesi le “taroccole”, degli strumenti della tradizione popolare fatti soltanto di legno, il suono è ottenuto facendo ruotare una parte dello strumento con un movimento centrifugo. Grazie a questo movimento un lembo di legno batte ripetutamente su di una ruota dentata, producendo quindi il suono.
Ad arricchire queste tradizioni vi sono i numerosi dolci pasquali che profumano di storie e di gusti antichi: le pastiere come la “pizza re riso” e la “pizza re grano”, e la “pizza chiena”, un’altra bontà tipica che unisce tutti i sapori rustici del Cilento, una pasta frolla ripiena con salumi e formaggi. Per Pasqua poi, secondo la tradizione si regala ai propri cari, grandi e piccoli “U viccio cu l’uovo”, fatto con un particolare tipo di pane bianco abilmente intrecciato, con al centro un uovo, simbolo della vita primitiva che per le bambine costituisce il gioco della mamma, simboleggiando il neonato in fasce da cullare. Una variante del viccio è il tortano che presenta una forma più tondeggiante con un buco centrale in cui si adagia l’uovo.