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Agropoli: si persero sul Monte Tresino, salvati grazie a dei volontari

Si erano avventurati in bicicletta lungo le montagne che collegano Punta Licosa e Agropoli

A cura di Antonella Capozzoli
Pubblicato il 1 Febbraio 2018
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Ad una settimana di distanza dall’episodio una coppia di turisti romani ringrazia chi li ha aiutati

AGROPOLI. Tanta paura per una coppia di turisti romani che, il 26 gennaio, si è smarrita fra i sentieri che collegano Punta Licosa e Agropoli.

I due, in vacanza col loro camper nella cittadina cilentana, avevano deciso di scoprire le bellezze naturalistiche e paesaggistiche del territorio in bici, programmando escursioni e gite fuori porta. A raccontare gli eventi di quella giornata è Maria Teresa Trione, protagonista, insieme al marito, Dario Molinari, di un’esperienza difficile da dimenticare; lo fa attraverso una lettera, in cui ripercorre, passo dopo passo, i momenti salienti della giornata.

” Il giorno 26, ” scrive “[io e mio marito] siamo andati in bicicletta fino a Punta Licosa e, nel rientrare a Trentova, abbiamo deciso di  seguire il consiglio di un abitante di Lago e di imboccare il sentiero che, proprio da Lago, ci avrebbe condotti sino all’ azienda vinicola San Giovanni, da dove saremmo, poi,  giunti a Trentova. ”

Il percorso, fino a questo punto, è semplice da seguire: “[…]  arrivati a San Giovanni, abbiamo acquistato del vino e il proprietario, per garantirci un percorso più scorrevole, ha aperto il cancello esterno al terreno, così da lasciarci procedere verso Trentova. Avevamo, però, ricevuto un avvertimento importante: lungo la strada, avremmo trovato un altro cancello, chiuso, e avremmo dovuto aggirarlo sul lato destro, prima di imboccare la strada che si sarebbe ricongiunta al sentiero principale.”

Tuttavia, a quel punto, qualcosa non va come dovrebbe. ” Purtroppo, una volta aggirato quel cancello, il sentiero e’ stato durissimo da percorrere perchè stretto e in salita. Abbiamo cercato di seguire i segnali bianchi e rossi ma, non essendo numerati, si sono rilevati inutili nel momento in cui siamo giunti ad un bivio: abbiamo imboccato la strada sbagliata e ci siamo trovati a spingere le bici, al buio, in salita, lungo un sentiero massacrante. ”

Inizia da qui l’incubo della coppia, spaventata e stanca, con le torce e i cellulari fuori uso: ” eravamo stanchissimi: ci siamo seduti in un un cunicolo sotto una quercia per riposare. Faceva molto freddo: io ero completamente bagnata perchè caduta in una pozzanghera e entrambi eravamo esausti dopo un tragitto lungo e faticoso. Ci siamo riparati in una grotta, ma sentivamo il rumore dei cinghiali nel bosco: ero terrorizzata. ”

A salvarli, nel momento che sembrava più disperato, è stata un’idea provvidenziale: ” mio marito” continua la donna, ” ha pensato di collegare il telefonino al telecomando del drone, facendoci guadagnare il 3% di batteria e permettendoci di chiamare subito il 112. Erano le  21:40 e camminavano senza sosta da oltre cinque ore.  La nostra grande fortuna è stata quella di trovare persone altamente competenti: il carabiniere di turno, Sergio, in servizio ad Agropoli, ha chiamato prontamente Danilo Palmieri e Sabatino Bonfrisco, esperti della zona, che hanno capito, dalle poche parole della telefonata, su quale sentiero ci trovassimo.  Alle 23.00, abbiamo sentito dei fischi, segnale che ci avevano trovati, e sono scoppiata in un pianto liberatorio. I nostri salvatori sono stati gentilissimi, mi hanno dato una coperta termica, acqua e integratori; alla fine, hanno preso le nostre bici e ci hanno fatto strada fino a raggiungere i carabinieri che ci attendevano al campo sportivo di Trentova. ”

Una disavventura finita bene, quella della coppia, che ringrazia pubblicamente tutti gli uomini che, durante quella notte, li hanno aiutati e portati in salvo: ” Abbiamo trovato delle bellissime persone con un grande cuore che vorremo sicuramente incontrare di nuovo, perchè ci siamo innamorati del luogo e torneremo a visitarlo in primavera.”

Tutto bene quel che finisce bene, insomma. Soltanto un piccolo appunto: ” Forse i cancelli non dovrebbero essere chiusi,  o, per lo meno, si potrebbe immaginare di  lasciare un piccolo passaggio per gli escursionisti, e magari si potrebbe pensare a numerare e segnalare i sentieri”.

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