Proseguono le indagini sulla morte di Massimiliano Malzone.
Proseguono le indagini sulla morte di Massimiliano Malzone, il quarantunenne deceduto al centro di igiene mentale di Sant’Arsenio dopo un TSO, dopo essere giunto all’ospedale di Polla nel maggio 2015. Una morte sospetta, in quanto l’uomo spirò dopo un arresto cardiaco, nonostante un quadro clinico considerato positivo dal dottor Mautone primario dell’unità operativa di Polla. Malzone si rifiutò nel maggio 2015 di essere sottoposto al TSO, andando in escandescenze, sfondando tutti i vetri dell’auto dei vigili posti sotto la sua abitazione. Attualmente sono due le inchieste in corso: una presso la procura di Lagonegro per far luce su eventuali responsabilità dei medici della struttura di Sant’Arsenio, dove Malzone era ricoverato e l’altra presso quella di Vallo della Lucania che dovrà accertare i motivi del TSO. Il legale della famiglia, Capano ha espresso perplessità sulla nuova richiesta di archiviazione da parte del pm Niglio: ” ci stupisce questa nuova richiesta” esordisce Capano – ” perchè la dottoressa seppur abbia ammesso tra virgolette, che quella mattina dinanzi a Montecorice alla casa di Massimiliano Malzone, si presentarono i vigili urbani circa un’ora e mezza prima l’arrivo dei medici, non considerò la violazione della libertà privata come un reato.”
Sulla situazione che determinò il TSO l’avvocato della famiglia Malzone sostiene: ”la questione relativamente a Massimiliano Malzone non riguarda il merito psichiatrico, o il fatto che il TSO dovesse o meno essere fatto. Il problema è come ci si è arrivati. La limitazione della libertà personale in cui il TSO consiste deve arrivare dopo che il medico è andato dal paziente, gli ha detto riferito dell’ indispensabilità delle cure, ha cercato di convincerlo, ha ricevuto la reazione e se si trova di fronte ad un comportamento agitato: solo a quel punto si può ricorrere a soluzioni di questo tipo”