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“Castelsandra simbolo della presenza della camorra”, Tarallo: va abbattuto

L'ex presidente del Parco Giuseppe Tarallo dice no alle proposte di recupero

A cura di Luisa Monaco
Pubblicato il 8 Gennaio 2017
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L’ex presidente del Parco dice no alle proposte di recupero

CASTELLABATE. Recupero del Castelsandra? No, la struttura va abbattuta. Lo sostiene fortemente l’ex presidente del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano Pasquale Tarallo. La notizia dell’affidamento ad un professionista da parte del comune dell’incarico di studiare un progetto di riqualificazione dell’albergo, ha fatto tornare d’attualità la situazione del Castelsandra, l’hotel confiscato alla criminalità organizzata ed affidato al comune. Proprio il legame tra la struttura e la camorra è uno dei motivi per cui Tarallo chiede che venga abbattuto. “Per me – spiega l’ex presidente del Parco – va assolutamente abbattuto in quanto ha rappresentato il segno tangibile e macroscopico nella nostra area della presenza della camorra con don Luigi Romano affiliato al potente clan Nuvoletta”. Ma questa non è l’unica ragione: “Il Castelsandra – evidenzia Tarallo – rappresenta anche uno scempio non solo della natura, dell’ambiente e del paesaggio ma anche delle stesse norme vigenti in quell’area boscata e caratterizzata dagli usi civici. Insomma il segno della massima, spavalda e spregiudicata arroganza del potere della camorra in’area di conquista per affermare con tutta l’evidenza possibile la sua forza persuasiva verso cittadini, amministratori e comunità ospitante”.

“Durante i fasti del Castelsandra – ricorda Tarallo – l’hotel era meta di ministri e politici e persone di riguardo e dalla comunità era pressoché venerato come benefattore e come tale riceveva pubblici riconoscimenti ed encomi. Ma il processo Nuvoletta e la sua condanna insieme agli affiliati, tra cui don Luigi Romano, portò alla confisca del bene. In un primo momento il Ministero dell’Ambiente voleva convertirlo in una struttura al servizio della ricerca e del futuro Parco Marino ma quando seppe che l’area era di uso civico dovette consegnarlo al Comune, titolare, insieme alla sua comunità civica, dell’area in quanto appunto di uso civico che come è noto è un diritto imprescrittibile,inalienabile, e inusucapibile”.

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