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E’ forse sostenibile l’olio di palma?

E’ dal 28 febbraio che le reti televisive ci bombardano con spot pubblicitari dell’olio di palma sostenibile. il gran parlare della nocività per la salute umana di quest’olio vegetale ma soprattutto della distruzione di estese foreste tropicali, contro le quali sono state raccolte con una petizione su Change.org più di 169 mila firme.

A cura di Comunicato Stampa Pubblicato il 7 Marzo 2016
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E’ dal 28 febbraio che le reti televisive ci bombardano con spot pubblicitari dell’olio di palma sostenibile. E’ la risposta necessaria al gran parlare della nocività per la salute umana di quest’olio vegetale ma soprattutto della distruzione di estese foreste tropicali, contro le quali sono state raccolte con una petizione su Change.org più di 169 mila firme.

Petizione che ha fatto decidere la Plasmon a togliere quest’olio dai suoi famosi biscotti per bambini.
La produzione dei numerosi prodotti alimentari che contengono l’olio incriminato ha spinto un nutrito gruppo di aziende e associazioni a creare, a fine ottobre 2015, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile . Questo cartello prevede un investimento milionario per organizzare, oltre agli spot televisivi, manifestazioni, convegni, campagne di educazione e informazione, promuovere e sostenere ricerche e studi scientifici per convincere i consumatori alla sostenibilità dell’olio di palma, tornando a consumare tranquillamente.
Magica parola questa, tanto è vero che anche associazioni ambientaliste internazionali quali Wwf , Greenpeace, Rainforest Action Network hanno aderito alla campagna del Palm Oil Innovation Group (POIG): iniziativa che – partendo dai requisiti di RSPO ( Roundtable on Sustainable Palm Oil ) – mira ad applicare criteri più stringenti a protezione delle foreste e delle comunità. Gli ambientalisti infatti hanno a cuore di promuovere pratiche di sostenibilità della filiera dell’olio di palma sempre più rigorose.
Proprio quello che sostiene l’Unione che dichiara con forza che “approvvigionarsi con olio di palma certificato sostenibile significa puntare su controlli tali da garantire tutela del territorio e rispetto per l’ambiente e le comunità”. E questa posizione non poteva che essere condivisa dall’associazioni ambientaliste  che scendono in campo  dicendo “no al boicottaggio e sì alla strada della certificazione, invitando pertanto i consumatori “ a non boicottare l’olio del frutto di palma (così si favorirebbero solo oli vegetali alternativi spesso con un impatto maggiore dal punto di vista ambientale), ma a chiedere ai propri marchi di riferimento di approvvigionarsi con olio certificato sostenibile”. Solo rivenditori ( si raccomanda) che utilizzano tale olio di palma .

Sostenibilità: ribadisco parola magica , perchè significa tener conto sia a salvare le foreste pluviali della Malesia e Indonesia la cui distruzione per coltivare la palma porterebbe all’inevitabile estinzione di specie come l’orango e le tigri di Sumatra, e ad aggravare altresì ulteriormente il cambiamento climatico in atto, sia “a salvare l’economia delle zone tropicali dove la palma viene coltivata, offrendo opportunità lavorative e contribuendo quindi ad alleviare la povertà, migliorare le infrastrutture e i servizi sociali”. Come si poteva salvare meglio “capra e cavoli” !

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