“O nimium coelo et pelago confise sereno nudus in ignota, Palinure, iacebis harena.” Lo sguardo del turista che giunge a Palinuro, dopo aver attraversato le meravigliose gole del fiume Mingardo, incrocia la vista della statua del nocchiero di Enea. Quest’ultimo impugna saldamente il timone, destinato però a lasciarlo, colto da un sonno che lo renderà immortale. Tuttavia, al visitatore, rapito dalla potenza dell’immagine, sfuggirà la voce dell’epos virgiliano.
L’ode di Raffaele Fuccella
Probabilmente è proprio questo che ha pensato Raffaele Fuccella, insegnante di matematica di stirpe cilentana, discendente di un’antica famiglia pisciottana e residente a pochi passi dal Cenotafio di Palinuro. Così, animato dal desiderio di rendere il mito dell’eroe virgiliano fruibile in chiave moderna e mediatica, ha dato vita a una ballata dal timbro epico, che racconta la vicenda in musica.
La genesi
“L’ispiratore—anzi, direi l’ispiratrice—di quest’opera è la muta presenza delle mura di un’antichissima costruzione nel territorio di Caprioli, da sempre denominata Cenotafio di Palinuro. Questo luogo, simbolo del mito di un eroe insepolto ma onorato nella memoria, racchiude la suggestione di un destino incompiuto. Enea, infatti, incontra l’anima del suo nocchiero negli Inferi, ma non può tornare indietro a dare sepoltura al corpo, poiché i destini di Roma devono compiersi. Saranno però i posteri a ricordarlo attraverso i versi di un poema e con un simulacro di tomba che ne preservi il ricordo”.
Palinuro non è soltanto un ameno luogo di vacanza, ma anche un crocevia culturale
Raffaele Fuccella avverte con forza la suggestione del mito, essendo cresciuto in quella terra che ospita il Cenotafio. E così, come un moderno aedo, racconta la storia, integrando con i suoi versi la funzione del monumento dedicato al nocchiero di Enea. Palinuro non è soltanto un ameno luogo di vacanza, ma anche un crocevia culturale, dove la Magna Grecia ha lasciato un segno indelebile.