Il Consiglio di Stato ha annullato il diritto di prelazione esercitato dal Comune di Roccadaspide sull’acquisto del Castello Giuliani, già proprietà dei Principi Filomarino. La decisione ribalta la precedente sentenza del Tar Campania, accogliendo l’appello presentato da Ettore, Maurizio e Aurora Giuliani. La pronuncia del collegio giudicante ha portato all’annullamento delle delibere comunali con le quali l’ente civico aveva manifestato l’intenzione di acquisire l’immobile.
Origini della controversia e la posizione del comune
La vicenda ha avuto inizio nel 2007 con una cessione di quote immobiliari tra membri della famiglia Giuliani, formalizzata poi nel 2019. L’atto transattivo riguardava una quota indivisa dell’abitazione privata situata all’interno del castello, regolarmente notificata alla Soprintendenza in base alla normativa sui beni culturali.
Trattandosi di un bene di rilevante interesse culturale, sottoposto a vincolo storico-architettonico, il Comune di Roccadaspide aveva esercitato il diritto di prelazione con l’obiettivo di acquisire il castello al patrimonio pubblico. L’amministrazione motivò la sua decisione con la necessità di “una migliore conservazione e valorizzazione della parte del Castello, con la destinazione di tali spazi al godimento pubblico per scopi culturali”.
Il ricorso al Tar e il successivo appello al Consiglio di Stato
A seguito dell’esercizio del diritto di prelazione da parte del Comune, la famiglia Giuliani ha presentato ricorso al Tar, chiedendo l’annullamento di tutte le delibere di giunta e Consiglio comunale relative all’atto, oltre a tutti gli atti correlati della Soprintendenza. Le contestazioni vertevano su presunti eccessi di potere, difetti d’istruttoria, travisamenti del fatto e violazioni procedurali e di legge. I giudici del Tar avevano inizialmente dato ragione al Comune di Roccadaspide, ritenendo legittimo l’esercizio del diritto di prelazione da parte dell’amministrazione civica.
La famiglia Giuliani ha quindi deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato, il quale si è espresso il 19 giugno scorso a favore dei ricorrenti. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto un’errata valutazione da parte dell’amministrazione comunale, sottolineando che “l’immobile oggetto di prelazione rappresentava quota indivisa di un’abitazione privata e non una porzione autonoma da poter destinare a usi culturali”. Di conseguenza, il collegio ha annullato le delibere comunali oggetto di ricorso, riformando la precedente sentenza del Tar Campania e compensando le spese del doppio grado di giudizio.