Il 4 luglio del 1848, ad Acquafredda di Maratea, moriva Costabile Carducci, figura quasi dimenticata ma fondamentale nella lotta per l’indipendenza dell’Italia. Nato a Capaccio Paestum il 15 giugno 1804, Carducci fu il protagonista dei moti del Cilento del 1848, un periodo turbolento in cui la penisola era ancora frammentata in molteplici stati, ognuno con proprie identità e tradizioni. Il Regno delle Due Sicilie era il più grande tra questi.
Nonostante queste profonde differenze, l’idea di un’Italia unita e libera affascinava e ispirava moltissimi italiani. Un modello “giacobino”, alla francese, appariva forse irrealizzabile, ma ciò non impedì a Carducci e ad altri patrioti di sognare e combattere per la causa nazionale.
La celebre spedizione dei Mille guidata da Garibaldi è spesso vista come il simbolo della svolta per l’unità. Tuttavia, è nel Cilento che si registrarono le prime scintille rivoluzionarie, già nel 1828 e, ancora più decisamente, vent’anni dopo.
Il ruolo di Carducci nei moti del 1848
Durante la seconda rivolta del 1848, Carducci emerse come un leader deciso. Simpatizzante delle idee carbonare, guidò i gruppi insurrezionali che iniziarono la rivolta a Torchiara e la diffusero nell’intera regione cilentana. Il suo coraggio fu esemplare: combatté sempre in prima linea, convinto che l’impegno personale potesse ispirare il popolo al cambiamento.
Dopo la concessione della Costituzione, fu nominato colonnello comandante della Guardia Nazionale di Salerno. Ma la revoca della carta costituzionale e lo scioglimento del Parlamento da parte dei Borboni lo costrinsero a fuggire, rifugiandosi prima a Roma e poi in Sicilia, in cerca di appoggi per la causa indipendentista.
Il 14 giugno 1848, assieme a Ferdinando Petruccelli della Gattina e ad altri rivoluzionari, tentò di sollevare la Calabria. Anche questo tentativo fallì per la dura repressione borbonica. Costretto a fuggire ancora, cercò rifugio nel Cilento ma, durante il viaggio, una violenta tempesta lo spinse a fermarsi a Maratea. Il 4 luglio approdò infine sulla spiaggia del Porticello, nei pressi di Acquafredda.
Il tradimento e la morte
Fu proprio lì che subì il più amaro dei tradimenti: il sacerdote Vincenzo Peluso di Sapri, fingendosi alleato dei rivoluzionari, fece catturare Carducci e massacrò molti dei suoi compagni. Carducci fu quindi umiliato pubblicamente e poi condotto nella pineta di Acquafredda, dove venne giustiziato con un colpo di pistola al volto.
Solo dopo la sua morte, la portata storica e ideale della sua azione fu pienamente compresa. Il suo nome è oggi legato a un’eredità di coraggio, sacrificio e visione: quella di un’Italia unita e libera.