Attualità

Mestieri antichi e sapori ritrovati: il Cilento che non si arrende

Dal "pezzaro" al maniscalco, un viaggio nel tempo tra sapori, tradizioni e mestieri che hanno plasmato la cultura locale

Erika Di Lucia

17 Agosto 2025

Calzolaio

Il Cilento, pur non avendo rivestito un ruolo culturale di spicco a livello nazionale, ha custodito gelosamente tradizioni e mestieri che altrove sono stati cancellati dalla modernità. Ancora oggi, alcune di queste attività artigianali sopravvivono, raccontando storie di fatica e ingegno. Un tempo, ad esempio, era diffusa la figura del “pezzaro”, un uomo che percorreva i paesi con un carrettino carico di merce, dagli stracci ai materiali edili. I clienti scambiavano le loro mercanzie con una “ruàgna”, un oggetto in terracotta. Sebbene il mestiere del baratto sia scomparso, oggi il pezzaro continua la sua attività occupandosi principalmente del recupero e smaltimento di rottami.

Anche il calzolaio, o ciabattino, un tempo era onnipresente. Con l’aumento del benessere economico, il ricorso a questa figura è diminuito, portando il mestiere sull’orlo dell’estinzione. Allo stesso modo, sono quasi del tutto scomparsi i “trappìti” (frantoi), un’attività un tempo redditizia grazie all’abbondanza di ulivi e alla manodopera disponibile. Molte attività artigianali, come le cantine vinicole e le piccole “fabbriche” per la produzione di pipe, si sono perse proprio per la mancanza di artigiani qualificati.

Artigiani e commerci di un tempo

Tra le figure quasi mitiche del passato cilentano ci sono i maniscalchi, che si occupavano di ferrare cavalli, muli e asini, e i trainieri, che trasportavano materiali da costruzione su carri trainati da animali. Diffusi erano anche i mulini, dove la gente portava il proprio grano per ottenere la farina, e numerose erano le concerie e le botteghe di tappezzeria. Non si può dimenticare la figura del falegname e dello scalpellino, un tempo considerati dei veri e propri artisti e oggi mestieri di cui si sente la mancanza.

Le attività di un tempo raccontano storie affascinanti, soprattutto se confrontate con il loro equivalente moderno. Le cantine, per esempio, non erano solo luoghi di vendita del vino, ma offrivano anche piatti semplici da mangiare. I tabaccai vendevano tabacco sfuso a peso, permettendo ai fumatori di confezionare autonomamente le proprie sigarette. I ciabattini e i ferrai allargarono la loro attività costruendo utensili e ferrando i cavalli. Per la pasta di grano duro, un tempo una novità, la gente si recava dal negoziante portando una tovaglia, lo “stiavucco”, su cui la pasta veniva pesata con il “vilanzuni”, una bilancia con un piatto di ottone e un’asta di ferro.

Un ritorno alle origini

Persino le bevande gassate avevano un loro artigiano dedicato. Le botteghe di gassose producevano queste bibite in loco, mescolando acqua e anidride carbonica con essenze provenienti dall’America, e le conservavano in bottiglie di vetro con tappo ermetico.

Oggi, sebbene le vecchie attività abbiano ceduto il passo all’innovazione, si assiste a una riscoperta del passato. I sapori e i mestieri di una volta, pur non dominando più l’economia locale, stanno riacquistando un forte spessore culturale. Questo patrimonio, fatto di tradizione e di grande abilità, merita di essere riscoperto e tramandato, per non dimenticare le radici profonde di un territorio unico.

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