
Tre concerti per un omaggio al secolo breve, a quel tempo rivoluzionario che ci siamo lasciati alle spalle, dove la parola d’ordine si è rivelata il cambiamento, dal segno musicale alla meccanica e alla tecnica degli strumenti e del canto, che sarà il tema dell’autunno di Salerno Classica, che da domenica 9 novembre, negli spazi del museo diocesano di Salerno, ripercorreranno l’eredità musicale ricevuta dal XX secolo.
“Salerno Classica – ha dichiarato il Presidente Francesco D’Arcangelo della Associazione Gestione Musica, organizzatrice del cartellone – ritornando al centro di Salerno in un luogo di grande fascino come il museo diocesano propone una serie di tre concerti estremamente vari, dedicati al ‘900, secolo rivoluzionario, un periodo storico che musicalmente ha creato le fondamenta per l’espressività moderna. Ovviamente nel 2025 la “modernità” del ‘900 può considerarsi ampiamente assimilata e quell’avanguardismo oramai più che digerito, rimane comunque un periodo storico culturale di enorme vivacità ed importanza”.
Un prezioso cartellone smart, questo, firmato dal direttore artistico Costantino Catena, realizzato grazie al sostegno del Ministero MIC, della Regione Campania, patrocinato del comune di Salerno, in sinergia con Salerno Opera, che vedrà il suo concerto inaugurale, domenica 9 novembre alle ore 20,30, che saluterà protagonisti il soprano Susanne Bungaard, il clarinettista Nicola Bertolini, unitamente all’Ensemble Salerno Classica diretta da Valter Sivilotti, per l’esecuzione di un programma tra l’avanguardia italiana, rappresentata da Luciano Berio con i Folk Songs e i Beatles Songs, e il concerto per clarinetto di Aaron Copland, compositore di origini russo-ebraiche pioniere della musica americana, il quale completò ciò che George Gershwin aveva iniziato. Venerdì 14 novembre si continuerà con la grande musica da camera per un confronto tra l’Ottocento e il Novecento, attraverso i quintetti con pianoforte di Robert Schumann con l’ opus 44 in mib maggiore e Dimitri Shostakovich, con l’ opus 57 in sol minore, eseguiti da Olekandr Semchuk e Ksenia Milas al violino, Silvia Mazzon alla viola, Giuliano De Angelis al violoncello e Gustav Sciacca Schantz al pianoforte. Finale venerdì 21 novembre con il violoncellista Nicola Fiorino e il pianista Filippo Balducci, con un programma che lancerà un ponte di musica lungo ben tre secoli attraverso una pagina contemporanea di composta da Massimo de Lillo, ispirata alla Dea Thèmis nella trascrizione per violoncello e pianoforte, quindi la Sonata novecentesca di Francis Poulenc, in cui il cambiamento dallo stile scanzonato a quello meditativo del genio francese è più che evidente, per chiudere con il romanticismo tutto brahmsiano della sonata n. 2 in fa maggiore op. 99, dall’ andamento a volte solenne o passionale, che si schiude a fantasie liete o, addirittura, infantilmente serene.
Il concerto inaugurale di domenica 9 novembre, verrà aperto dai Folk Songs di Luciano Berio, del quale celebriamo il centenario della nascita, un ciclo di canzoni che nasce nel 1964, nell’interpretazione del soprano Susanne Bungaard. Il compositore sceglie e arrangia dodici canti popolari provenienti dalla tradizione orale di differenti popoli e nazioni: gli Stati Uniti, l’Italia (con un canto siciliano e uno sardo), la Francia, l’Azerbaijgian e l’Armenia, terra d’origine della famiglia di Cathy Berberian, la grande cantante, la meravigliosa interprete che Berio aveva conosciuto al Conservatorio di Milano e che dal 1950 era diventata la sua prima moglie. Le Folk Songs, scritti dapprima per voce, flauto, clarinetto, arpa, viola, violoncello e percussioni, poi arrangiati per grande orchestra, rappresentano uno dei primissimi esempi di un’attitudine che rimarrà costante in Berio: l’ascolto e la ricreazione di materiali musicali che già esistono, e che appartengono sia alla tradizione della musica d’arte sia, come in questo caso, alle tradizioni popolari. Black is the colour (Scozia), I wonder as I wander (USA), Loosin yelav (Armenia), Rossignolet du bois (Francia), A la Femminisca (Sicilia, Italia), La donna ideale (Genova, Italia),Ballo (Sicilia, Italia), Motettu de tristura (Sardegna,Italia), Malurous qu’o uno fenno (Auvergne, Francia), Lo fïolairé (Auvergne, Francia), Azerbaijan love-song: “Il discorso strumentale – scrive lo stesso Luciano Berio – ha la funzione di suggerire e di commentare quelle che mi sono parse le radici espressive, cioè culturali, di ogni canzone. Queste radici non hanno solo a che fare con le origini delle canzoni stesse ma anche con la storia degli usi che ne sono stati fatti quando non si è voluto distruggerne o manipolarne il senso. Due di queste canzoni (La donna ideale e Ballo) sono popolari solo nelle intenzioni, infatti, le ho composte io stesso nel 1947. La prima sulle parole scherzose di un anonimo genovese, la seconda su un testo di un anonimo siciliano”.
Si procederà, quindi, con il Concerto per clarinetto di Aaron Copland, affidato a Nicola Bertolini, che nasce da una commissione di Benny Goodman, il re dello Swing, datato 1950. Questo concerto, nel quale troviamo uniti elementi di musica popolare e classica, non si articola nel tradizionale modulo di tre movimenti, bensì è formato da due movimenti strettamente connessi tra loro, tanto da essere percepiti come un unico lungo tempo. Anche l’organico strumentale è poco usuale; soltanto la sezione degli archi accompagna il solista, l’orchestra è priva dei fiati e delle percussioni, per rendere più netto e deciso il suo dialogo col clarinetto; con gli interventi dell’arpa e del pianoforte il brano acquista un vago sapore jazzistico. Copland s’ispira anche alla musica popolare brasiliana che, soprattutto nel secondo movimento, viene adattata allo stile e alle capacità di Goodman. Il primo movimento, Lentamente e espressivo, dall’andamento meditativo e rapsodico, mette in evidenza le caratteristiche liriche ed espressive del clarinetto; la dolce e malinconica linea melodica è sostenuta dagli accordi dell’arpa. Un’ampia cadenza lo collega al successivo Piuttosto veloce, introducendone i temi jazz latino-americani; il ritmo è più vivace e quasi scherzoso, il solista deve mostrare tutta la sua abilità. La seconda e ultima sezione, per forma simile a un rondò, presenta spunti tematici ripetuti e invertiti in una sorta di “botta e risposta” tra gli archi e il clarinetto; ricca di sincopi e accenti ritmici, si conclude in crescendo con un lungo glissando del clarinetto.
Finale con i Beatles Songs ancora di Luciano Berio per la voce solista di Susanne Bungaard, un viaggio attraverso la musica nell’universo della band di Liverpool, accuratamente riarrangiato in chiave sinfonica da Luciano Berio. Ritenuti un fenomeno di comunicazione di massa di proporzioni mondiali, i Beatles hanno segnato un’epoca nella musica, nel costume, nella moda e nella pop art. Luciano Berio, poliedrico compositore e ricercatore del suono decise di reinterpretare alcuni dei loro brani, donando loro nuova identità artistica, sperimentando e spaziando fra ritmiche serrate, fiati ipnotici e inaspettati scorci di intimità. L’opera fu ispirata da un fortuito e breve incontro fra Berio e McCartey all’Istituto Italiano di Cultura di Londra. La potenza di quel breve scambio ispirò non solo Beatles Songs, ma anche le posizioni di Berio rispetto alla musica popolare e rock, libero da preconcetti ideologici, in perfetto equilibrio tra la conoscenza e la consapevolezza della tradizione e l’inclinazione verso l’inedito.