Questa mattina presso la Sala Torre della Provincia di Salerno si è tenuta la conferenza stampa che ha riportato al centro della discussione politica campana il tema della ineleggibilità dei sindaci a consigliere regionale, l’evidente stortura giuridica e il fallace approccio istituzionale da parte del Consiglio regionale campano che non trova eguali in altre regioni se non in quella pugliese.
Al centro della discussione le recenti modifiche apportate con l’art 1 della legge 17/2024 dal Consiglio regionale alla Legge Regionale 27 marzo 2009, n. 4. – “Legge elettorale”, che rappresenta una compressione di diritto di elettorato passivo per i sindaci e un’alterazione incomprensibile dell’equilibrio democratico, sancendo un’incompatibilità di fatto tra le due cariche.
L’incontro
Il dibattito, fortemente voluto dal sindaco Stefano Pisani, Coordinatore dei Piccoli Comuni di ANCI Campania, Mimmo Volpe, Presidente di ALI Campania, insieme a Francesco Morra, Vice Presidente Vicario di ANCI Campania e Geppino Parente, Presidente del Comitato Direttivo ANCI, nonché i sindaci dell’avellinese Enrico Franca e Sebastiano Gaeta, e del casertano, si è concentrato sulle disposizioni in discussione domani in Regione a Napoli, rispetto alle quali sono già emerse forti perplessità anche da parte del Ministero dell’Interno. A fare eco al caso Campania, vi è il recente ricorso in Corte Costituzionale da parte del Governo nazionale sulla legge elettorale pugliese, anch’essa dimostrazione di una tendenza preoccupante che rischia di minare il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive.
Le dichiarazioni
Le critiche al meccanismo in discussione: «Questa norma rischia di svuotare la rappresentanza democratica, penalizzando i territori e chi li amministra con competenza e consenso», ha esordito Pisani. «Le recenti modifiche normative hanno finito per allontanare dalla politica proprio quei cittadini e quelle classi dirigenti che, nei territori, fanno davvero la differenza. Ne consegue una pericolosa riduzione della democrazia, che si riflette in una possibile minore partecipazione alle elezioni regionali e in una compressione dell’elettorato passivo. Eppure la legge nazionale è chiara: i sindaci dei comuni con meno di 20.000 abitanti possono candidarsi ed essere eletti. Per i comuni sotto i 5.000 abitanti, non è mai esistita una distinzione di questo tipo. In Campania, invece, si impedisce di fatto qualsiasi ruolo alla classe dirigente emergente. Oggi si aggiunge un ulteriore ostacolo per i sindaci, che rappresentano una delle scuole migliori per formare una classe politica competente.
Basterebbe che i consiglieri regionali, soprattutto quelli appartenenti alla maggioranza, assumessero come esempio da seguire quello di Vincenzo De Luca, attuale presidente della Regione Campania, che da sindaco di Salerno è stato poi eletto a governatore. È da lì che è cominciata la sua esperienza di Governo. In sintesi, la proposta che i sindaci portano all’attenzione del Consiglio regionale è: nessuna ineleggibilità per i sindaci ed una eventuale incompatibilità per i sindaci di comuni con popolazione superiore ai 5mila abitanti».
L’affonda
E Morra incalza con un appello per chiarezza, coerenza e garanzie: «Abbiamo evidenziato queste incongruenze nel corso di diverse interlocuzioni con la Regione Campania, da cui abbiamo ricevuto l’assicurazione che è allo studio una modifica dell’articolo di legge in oggetto. Ma questo meccanismo, immaginato dai consiglieri regionali, non sembra affatto scalzare il vulnus di una legge che, così come è stata approvata, è da ritenersi inopportuna giuridicamente, politicamente ed intellettualmente. In considerazione delle ormai imminenti scadenze elettorali e dell’urgenza di garantire certezza del diritto, si chiede al Ministero di promuovere ogni competente iniziativa istituzionale per assicurare il rispetto dei diritti elettorali passivi dei sindaci campani».
La conferenza ha rappresentato un ulteriore momento pubblico, espressione di una volontà precisa: la difesa della democrazia e dei diritti costituzionalmente garantiti dagli Art 3 e 51, comma 1 della Costituzione.
Successivamente al consiglio regionale i sindaci assumeranno nuove iniziative. Il messaggio è chiaro: la rappresentanza politica non si ottiene o difende con le scorciatoie, ma con il rispetto della volontà popolare, dei principi democratici e della trasparenza istituzionale.