Oggi ricorre l’anniversario della morte di Martin Meazza, conosciuto da tutti come “l’inglese del porto”, una figura entrata nel cuore della comunità di Agropoli.
La storia di Martin
Il 28 maggio 2014 segna un momento doloroso per il centro cilentano, che da alcuni anni era diventato la casa di Martin. Arrivato da solo, trovò compagnia nel suo fedele cane e nel calore di alcune persone del luogo, che con generosità gli permisero di vivere con dignità i suoi ultimi anni.
La tragedia al porto di Agropoli
Undici anni fa, il 28 maggio, Martin si tuffò in mare, probabilmente nel tentativo di recuperare qualcosa. Un malore improvviso gli fu fatale. Viveva su una piccola barca da pesca ad Agropoli, dove si dedicava a piccoli lavori per mantenersi. Diverse testimonianze raccontano di un passato da paracadutista nelle forze speciali inglesi e di un coinvolgimento nella guerra civile in Bosnia, in cui avrebbe fatto il cecchino per proteggere i civili.
Dopo la fine del conflitto, tornato in patria e sotto trattamento psicologico, Martin non ricevette alcun riconoscimento per il suo servizio. Per ottenere la pensione avrebbe dovuto completare dodici anni nelle forze militari britanniche, ma non ne aveva avuto la possibilità. La sua vita prese così una direzione difficile: sua moglie lo lasciò, portando con sé i loro quattro figli e la casa.
Deciso a voltare pagina, Martin intraprese un viaggio straordinario: nove mesi a piedi attraverso l’Europa fino a giungere in Italia. Giunto a Salerno, però, fu aggredito e derubato da un gruppo di persone, perdendo i pochi soldi che aveva con sé.
L’arrivo ad Agropoli
Il destino lo condusse infine ad Agropoli, dove i residenti lo trovarono una notte nel porto, in condizioni critiche. Ricoverato d’urgenza, subì l’asportazione di un rene. Una volta ristabilito, gli fu donata una barca da pesca su cui vivere, seguita poi da una tenda. La comunità lo accolse con affetto e lui divenne una presenza cara a tutti.
Il suo unico compagno inseparabile fu un cane, donatogli da alcuni pescatori. Lo stesso cane vegliò su di lui anche dopo la sua morte, rimanendo accanto al suo corpo fino a quando non fu trasportato all’ospedale di Vallo della Lucania.