Cronaca

Fallimento Beton Bert, la Cassazione: distrazioni di fondi con leasing fittizi e cessioni sottocosto

La Corte Suprema di Cassazione, Quinta Sezione Penale ha pubblicato le motivazioni della sentenza che ha rigettato i ricorsi presentati da Giuseppe e Marianna Bertolini confermando le condanne per bancarotta fraudolenta per distrazione emesse dalla Corte d’appello di Salerno.

La sentenza di Cassazione conclude un iter giudiziario che aveva visto il Tribunale di Vallo della Lucania condannare gli imputati, rispettivamente come amministratore unico della BETON BERT s.r.l. (società cilentana fallita nel 2012) e come socio accomandatario della Bertolini calcestruzzi di Bertolini Marianna e c. s.a.s..

I capi di accusa e la decisione della Corte

I ricorsi riguardavano due separate condotte di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Bertolini Giuseppe era stato ritenuto responsabile per una distrazione di 579.535,77 euro relativa a un contratto di leasing per un immobile commerciale. La Corte ha confermato il giudizio di merito, ritenendo infondata la tesi difensiva secondo cui l’immobile non essendo mai entrato nella materiale disponibilità della fallita, non poteva essere oggetto di distrazione.

La Cassazione ha sottolineato che la società fallita, pur non entrando mai nel godimento di fatto del bene, ne aveva acquisito la disponibilità giuridica del diritto di godimento. L’operazione è stata ritenuta distrattiva perché la società fallita aveva conferito il godimento dell’immobile ad un’altra azienda riconducibile al genero dell’imputato, senza ricevere un sostanziale corrispettivo (nonostante un’iniziale pattuizione per un’indennità di occupazione) e continuando a pagare i canoni di leasing, svuotando così la liquidità aziendale.

La distrazione degli automezzi

Entrambi gli imputati, Giuseppe e Marianna Bertolini, erano stati condannati in concorso per la distrazione di automezzi dal patrimonio della società fallita, ceduti alla società Bertolini Calcestruzzi S.a.S. (di cui Marianna Bertolini era socio accomandatario) tramite contratti di compravendita del 2009 a un prezzo ritenuto irrisorio. Il danno complessivo stimato è di circa 150.000 euro.

La difesa sosteneva che gli automezzi appartenessero originariamente alla società cedente e che fossero inclusi in un contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato nel 1989, venendo poi semplicemente restituiti al termine del rapporto ai sensi dell’art. 2561 Codice Civile.

La Corte ha respinto tale tesi, evidenziando che non era stato prodotto l’atto di affitto d’azienda da cui desumere l’inclusione degli automezzi nella cessione. In modo dirimente, è stato osservato che i mezzi in questione risultavano essere stati immatricolati a favore della società fallita (Beton Bert s.r.l.). Inoltre, la Cassazione ha ritenuto la cessione fraudolenta a causa dell’evidente sproporzione fra il costo di acquisto e il valore di cessione.

Pene accessorie e risarcimento alla parte civile

La Cassazione ha giudicato inammissibile la doglianza relativa alla durata delle pene accessorie stabilita in misura equivalente alla durata della pena principale, ritenendola coerente ai criteri valutativi stabiliti dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 222 del 2018.

Infine, la Corte ha rigettato le censure relative al risarcimento del danno, confermando la legittimazione della società EDILCAVA s.r.l. a costituirsi parte civile in quanto singolo creditore danneggiato dal reato di bancarotta fraudolenta.

In conclusione, i ricorsi sono stati rigettati con la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile, liquidate in 4.000,00 euro.

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