Una notte d’estate, un furto in una villetta di campagna, un imprenditore che possiede armi da fuoco. Poi gli spari, la fuga, un ragazzo di 25 anni che viene colpito, cade a terra e muore per poi essere sepolto altrove. Sembra la trama di un racconto western, ma è successo a Foria di Centola.
Il protagonista è un imprenditore che la notte del 22 giugno ha sorpreso tre albanesi introdottisi nella sua villa. Secondo le ricostruzioni, uno dei ladri, Ravlio Rrasa, 25 anni, stava fuggendo quando è stato colpito da un colpo di pistola.
Il pensiero di Selvaggia Lucarelli
Fin qui la cronaca. Ma la storia ha preso una piega quando per l’imprenditore, rimasto a piede libero, è stata avviata una raccolta fondi per pagare la difesa legale.
Su questo punto Selvaggia Lucarelli, in un editoriale sul Fatto Quotidiano, ha commentato con durezza: «Non siamo in un western. Non puoi trasformare la fuga di un ladro in un’esecuzione sommaria. E soprattutto non puoi pretendere un premio dopo aver tolto la vita a un ragazzo disarmato che stava scappando».
Lucarelli sottolinea come a suo avviso il gesto dell’imprenditore sia ben lontano dal concetto di legittima difesa. «Questa non è difesa, questa è punizione. È la vendetta di chi si sente proprietario assoluto, fino a potersi arrogare il diritto di uccidere chi fugge», scrive la giornalista, parlando di un «Far West nel Cilento» che dovrebbe spaventare più di qualunque rapina.
Ancora più sorprendente, secondo Lucarelli, è il silenzio della politica, soprattutto della destra: «Nessuno ha gridato all’eroe della patria. Salvini, che di solito difende chi imbraccia un’arma, qui non si è fatto sentire. Troppo perfino per Salvini & co.», evidenziando come la dinamica di un colpo sparato pare alle spalle renda la vicenda a suo dire indifendibile persino per chi cavalca la retorica della “casa sacra”.
Lucarelli osserva che la narrazione dell’imprenditore perseguitato dai ladri finisce per cancellare completamente la vita che è stata spezzata. «Il ragazzo albanese è diventato un corpo inutile, buttato in un campo, dimenticato. L’unico dramma che sembra contare è quello dell’uomo che ora teme un processo», denuncia.
Anche la raccolta fondi avviata per l’imprenditore viene vista dalla giornalista come un segnale inquietante: «Ormai chi spara non solo resta libero, ma si aspetta di essere ricompensato. Non c’è neppure un senso di colpa. Si rivolge al paese per chiedere soldi, come un benefattore da proteggere, perché ha difeso la proprietà».
Eppure, spiega Lucarelli, non si può ridurre tutto a “chi entra in casa mia merita la morte”: «È un’illusione pensare che la legittima difesa sia una scorciatoia verso la giustizia. La legge prevede proporzionalità, non vendetta».
La posizione della famiglia della vittima e le indagini
Le indagini, intanto, proseguono: la traiettoria del proiettile confermerebbe che Ravlio Rrasa è stato colpito alle spalle, un dato che complica la posizione dell’imprenditore. La famiglia della vittima ha chiesto di fare luce e ha incaricato un legale, mentre la comunità albanese si è stretta intorno ai parenti del ragazzo.
Lucarelli chiude con una riflessione amara, che vale come monito: «Se la politica tace e la società applaude chi uccide un ladro in fuga, allora davvero non ci resta che il Far West».