La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni relative all’accoglimento del ricorso presentato dall’imprenditore di Scafati, Giuseppe Cipriano, contro l’ordinanza che disponeva misure cautelari nei suoi confronti e di altri due indagati, il tenente colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo e il suo luogotenente Lazzaro Cioffi, nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica. La Suprema Corte, nel mese di aprile, aveva già annullato l’ordinanza rinviando gli atti al Riesame di Napoli.
Le motivazioni della Cassazione: dichiarazioni “inconsistenti e contraddittorie”
Secondo i giudici, l’impianto accusatorio a carico di Cipriano si fonderebbe «esclusivamente sulle dichiarazioni di Romolo Ridosso», anch’egli indagato per l’omicidio ma non ricorrente in Cassazione, e su quelle di Francesco Casillo ed Eugenio D’Atri. La Corte ha evidenziato come tali dichiarazioni tenderebbero «ad autoscagionarsi e non sarebbero state riscontrate con quelle dei suoi “compagni di carcere” ai quali avrebbe fatto delle confidenze».
I giudici hanno inoltre sottolineato la presenza di «punti confliggenti in modo clamoroso» tra le diverse testimonianze, citando in particolare il tentativo di depistaggio indicato da Ridosso a D’Atri, che coinvolgeva un imprenditore di Scafati con un cinema ad Acciaroli, identificato in Giuseppe Cipriano. La Cassazione ha definito Ridosso, principale accusatore, come «incostante e contraddittorio», rilevando come questi «non ha fatto alcun riferimento alla scoperta del traffico di droga da parte del sindaco e, insistendo sulla figura di Cipriano, lo ha additato come persona che aveva problemi con il primo cittadino». La Corte ha inoltre evidenziato come, neanche nell’interrogatorio di garanzia, Ridosso avesse fornito elementi probatori sul coinvolgimento di Cipriano nell’omicidio, nonostante avesse indicato un presunto movente legato a un furto scoperto dal sindaco.
Mancanza di riscontri e prove documentali ignorate
La Cassazione ha poi ripercorso la vicenda, evidenziando la «mancanza di riconoscimento da parte di alcune persone sentite come informate dai fatti» riguardo alla presenza di Cipriano in luoghi chiave, come davanti casa della compagna di Ridosso o durante un sopralluogo vicino all’abitazione del sindaco di Pollica.
Gli ermellini hanno inoltre rilevato come l’ordinanza non avesse preso in considerazione le prove documentali presentate dagli avvocati Annunziata e Sena, né la testimonianza dei padroni di casa di Cipriano ad Acciaroli, i quali avevano confermato che l’imprenditore aveva affittato l’abitazione nel 2009, in concomitanza con la dialisi del padre presso l’ospedale di Agropoli, e non nel 2010, anno dell’omicidio Vassallo.
Per la Cassazione, il ricorso è «fondato perché coglie nel segno le censure relative ai vizi del percorso motivazionale, la violazione in tema di valutazione delle dichiarazioni rese dal coimputato Ridosso anche se la sua inattendibilità per una parte del racconto non implica il principio della frazionabilità della valutazione l’automatica e conseguenziale giudizio di inattendibilità con riferimento alle altre parti intrinsecamente attendibili».
La soddisfazione della difesa
L’avvocato Giovanni Annunziata, difensore di Giuseppe Cipriano, ha espresso soddisfazione per l’esito del ricorso in Cassazione: «Siamo soddisfatti dell’importantissimo risultato ottenuto in Cassazione. La motivazione recepisce in toto le argomentazioni difensive, ribaltando il quadro indiziario ed evidenziando lacune nella ricostruzione prospettata dalla Procura che, per vero, la difesa fin dalla prime battute del procedimento aveva già evidenziato. Rimaniamo fermamente convinti della estraneità ai fatti dell’imprenditore Giuseppe Cipriano».