Attualità

“Più lontano di così”. L’ultimo romanzo di Lucrezia Lerro

L'intervista alla scrittrice originaria del Cilento

Roberto Scola

26 Luglio 2019

Ho trascorso buona parte della mia vita ,a partire dalla mia infanzia ,a leggere le vite altrui ,reali o inventate, a volte abbandonate, a volte ricche di struggente poesia nella normalità del vivere quotidiano. Mai,  mi era capitato di cimentarmi in una storia, dove un dettaglio, un viso ,uno scenario, una frase, mi entrasse dentro prepotentemente con la forza di un uragano.

Tutto ciò mi è capitato con l’ultimo romanzo di Lucrezia Lerro: “Più lontano di così” edito da  “ La nave di Teseo”. Incontro la scrittrice Lucrezia Lerro in un pomeriggio caldo d’estate, il racconto del nostro Cilento prende forma ,si ricordano situazioni, umori, fatti di cronaca reale e immaginaria. Del resto scrivere è sempre mischiare la realtà con la fantasia, scrivere è sporcarsi le mani di acqua sorgiva, scrivere è scavare nella memoria di ognuno di noi.

Di cosa parla il Suo ultimo romanzo?

“Più lontano di così” racconta una storia di amore e morte; la vita brevissima di un militare di diciannove anni ucciso a Roma da una donna, il 4 dicembre del 1951, alle 09.40… Ognuno ha la sua dalia nera, ed io ho la mia da moltissimi anni.

Lei oltre ad essere scrittrice, svolge la professione di pedagogista e psicologa. Come riesce a conciliare tutto ciò?

Con tanta passione e coerenza porto avanti il mio lavoro, ho una grande fiducia nel fare, l’ho sempre avuta ed è per questo che riesco a lavorare su più piani.

Quale è il Suo rapporto oggi con il Suo paese d’origine  Omignano e con il Cilento in generale? Cosa porta  con sé, cosa vorrebbe cambiare di questa terra?

Amo il Cilento, ho imparato osservandolo che si può sperare, colorare le parti oscure di noi, si può medicare la nostra radice feroce. Il Cilento fiorirà sempre più, ne sono certa! E poi, la sua forza è nella storia che lo contraddistingue

Perché ha cominciato a scrivere? C’è un’immagine nella sua memoria che ricollega al momento in cui ha deciso di voler diventare scrittrice?

Ho cominciato a scrivere con naturalezza. Mi sono innamorata da bambina delle “Fiabe italiane” curate da Calvino. Mi sono innamorata della poesia di Corazzini. Sono innamorata della poesia e della prosa. Ci racconti il suo rapporto con la scrittura e com’è cambiato nel tempo.

Cosa significa scrivere oggi, e cosa significava agli inizi? Cos’è rimasto, cos’ha perduto, e cos’ha guadagnato?

I cambiamenti sono continui sulla pagina scritta, i comportamenti umani mutano, ma ci sono degli archetipi, quelli non cambiano, la narrazione li coglie con continuità.

Qual è il suo pubblico ideale?

I lettori sono fondamentali, è bellissimo incontrarli alle mie presentazioni. Ascoltandoli si impara molto, è necessario l’incontro con il proprio pubblico.

Che relazione c’è tra la scrittura e la società, con le sue influenze politiche e culturali? E come convivono questi aspetti nella sua produzione letteraria?

Osservo, ascolto, prendo nota. Mi piace esserci, al di là di tutto. La lotta e la pena si muovono parallelamente nella mia vita.

In che misura gli incontri (con altri scrittori, poeti, intellettuali) hanno influito nella sua poetica?

I poeti sono fondamentali per me! È un dono poter confrontarsi con gli scrittori amati, con i poeti che non moriranno mai.

Quali autori l’hanno formata maggiormente e com’è arrivato a loro?Leggere è come respirare. Le buona letture si incrociano leggendo…

E per finire, un gioco: se potesse scegliere solo tre libri da consigliare, quali sarebbero?

La Terra desolata di Eliot; L’Inferno di Dante; I Canti Pisani di Ezra Pound.

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