Cilento

Usura e clonazione di carte di credito: gruppo sgominato dai carabinieri di Agropoli

Sei persone arrestate, 19 denunciate. L'indagine partita nel 2015. Ecco i dettagli

Redazione Infocilento

31 Gennaio 2019

Questa mattina ad Albanella, Baronissi, Capaccio Paestum, Salerno, San Giorgio a Cremano e Villaricca, i carabinieri della compagnia di Agropoli con quelli delle compagnie territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a sei ordinanze di custodia cautelare (di cui 3 ai domiciliari) emesse dal Gip di Vallo della Lucania su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di 6 pregiudicati: Cosentino Antonio, 48 anni, di Baronissi, in carcere, Marotta Vito 26 anni Agropoli domiciliari, Pirozzi Gaetano 49anni Matinella domiciliari, Citro Vincenzo 36 anni Capaccio domiciliari, Seiello Vincenzo 46 anni Vlillarica carcere, Castaldi Antonio33 anni San Giorgio a Cremano carcere

I risultati dell’operazione sono stati resi noti questa mattina, in una conferenza stampa tenutasi presso la Procura di Vallo della Lucania alla presenza del procuratore della Repubblica Antonio Ricci, del comandante provinciale dei carabinieri, Antonino Neosi e del comandante della compagnia di Agropoli, Francesco Manna.

I coinvolti nell’operazione sono ritenuti responsabili a vario titolo di usura in concorso e di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e all’indebito utilizzo di carte di credito.

L’indagine

L’indagine è stata avviata nel 2015 dai carabinieri della stazione di Torchiara, si è sviluppata a seguito di una serie di denunce relative a pagamenti fraudolenti effettuati mediante carte di credito rubate, effettuati presso una dita di Laureana Cilento. Dalle investigazioni emergeva che il proprietario dell’attività si era prestato a tale dinamismo criminoso concedendo a due degli indagati l’uso escluso del pos, nonché del conto corrente abbinato alla propria ditta, per estinguere un debito di 8mila euro con i due che non era riuscito ad onorare in quanto la somma lievitava in poco tempo a 10mila euro. Per far fronte all’attività usuraia l’imprenditore si rivolgeva ad altri due indagati che, in concorso tra loro, concedevano un ulteriore prestito di 4mila euro in contanti. La restituzione della somma doveva avvenire con 4 assegni post datati dell’importo di 1600 euro ciascuno, restituzione poi ricontrattata, con un pagamento mensile di 14 cambiali da 600 euro l’una per un importo di 8400 euro a fronte dei 4mila iniziali. Le successive attività tecniche, nonché lo studio e l’analisi dei tabulati telefonici, permettevano non solo di cristallizzare i fatti ma soprattutto di accertare che altri cittadini erano vittime di usura ad opere di due indagati che applicavano un tasso tra il 77% e il 910%.

Un gruppo criminale attivo nel Cilento

La captazione delle conversazioni telefoniche intercettate aprivano un ulteriore scenario investigativo ben più complesso, grazie al quale veniva accertata l’esistenza di un gruppo criminale attivo nel Cilento, dedito alla ricettazione di carte di credito e al successivo indebito utilizzo. Alcuni indagati, infatti, erano legati tra loro da un vincolo associativo teso alla clonazione di carte di credito canalizzate e riconducibili a conti correnti accesi presso istituti bancari asiatici e con le quali, poi, con la connivenza di esercenti commerciali della Provincia di Salerno, effettuavano pagamenti di ingenti somme (tra mille e 9mil euro) le quali poi venivano divise tra i consociati. Lo stesso spessore delinquenziale del sodalizio, inoltre, si concretizzava con l’effettuazione delle operazioni dal profilo formalmente legale, in quanto in caso di contestazione da parte dell’istituto di credito asiatico titolare della carta di credito, il commerciante avrebbe potuto mostrare lo scontrino del pos.

Per i promotori, ovvero coloro che materialmente clonavano le carte di credito, l’identificazione risultava più difficile. L’attività criminosa veniva svelata grazie alle intercettazione telefoniche. Denunciate complessivamente 19 persone in stato di libertà. Sequestrati circa 15mila euro depositati su uno dei conti correnti in cui veniva fatto confluire il denaro provento dell’attività illecita.

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