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Lustra, Santa Maria Vetere tra leggende e carestie

LUSTRA. La festività di Santa Maria Vetere costituisce il cardine della religiosità lustrese, in cui la leggenda s’innesta nella spiritualità del posto attraverso secoli di storia. La ricorrenza cristiana in questo angolo di Cilento, rispecchia i consueti tratti delle leggende che si accostano alla figura della Madonna: l’apparizione, il ritrovamento, le vicende, le conseguenze e la sacralità.

Giuseppe Conte

3 Maggio 2015

LUSTRA. La festività di Santa Maria Vetere costituisce il cardine della religiosità lustrese, in cui la leggenda s’innesta nella spiritualità del posto attraverso secoli di storia. La ricorrenza cristiana in questo angolo di Cilento, rispecchia i consueti tratti delle leggende che si accostano alla figura della Madonna: l’apparizione, il ritrovamento, le vicende, le conseguenze e la sacralità.

Da tempi remoti si narra che:

“la Vergine apparve a due pastorelli di maiali indicando loro il luogo ove si trovava l’effige della Madonna”.

In questa prima parte, riemerge l’inizio tipico dei racconti di tal genere: la Madonna appare a dei pastorelli, a volte di maiali – come in questo caso – altre di pecore o di capre. E da qui si dipana il noto prosieguo:

“la Madonna venne trasportata nella parrocchiale ma il giorno seguente fu rinvenuta nel luogo del ritrovamento. Per diversi giorni i fedeli riportarono la Madonna nella propria parrocchia ma all’indomani non c’era più e ancora una volta fu rivenuta nel luogo esatto del ritrovamento”. A questo punto compare la figura “delle sentinelle” coloro che avrebbero dovuto scoprire il perché dei misteriosi spostamenti: “alcune persone furono messe di guardia. Nel cuore della notte un grande bagliore offuscò e stordì i guardiani e all’indomani la Vergine era di nuovo nel suo luogo di ritrovamento”. E così si trae la conclusione: “era volontà della Madonna dimorare in quel luogo e lì venne eretta una cappella in suo onore” che oggi è nota come Santa Maria Vetere, adiacente all’attuale struttura cimiteriale. Pare che proprio per la sacralità del posto, molti scelsero di essere sepolti nelle sue vicinanze, affidando così la propria anima alla Madonna.

Il “Miracolo della pioggia”. Si racconta che in un anno di siccità, la pioggia tardava a cadere sui campi, quei campi da cui la popolazione traeva il proprio sostentamento: si annunciava una tremenda carestia. I fedeli decisero di organizzare una processione al fine di chiedere l’intercessione della Vergine. Di buon mattino, in devoto pellegrinaggio raggiunsero la chiesetta e le preghiere furono esaudite: alcuni giorni furono caratterizzati dalle abbondanti piogge che rinvigorirono i campi e diedero frutti al raccolto. Era il 24 Aprile e da allora, la stessa data di ogni anno, segna una grande ricorrenza per i lustresi.

La chiesa. Posta a valle dell’abitato, è di fattura rurale e al suo interno è custodita l’immagine di una Vergine in trono, rappresentazione assolutamente tipica del Cilento, special modo in quelle chiese sorte in luoghi ameni e fiorite intorno ad antiche leggende. Tale usanza è legata alla lotta iconoclasta che si concretizzò nell’VIII secolo quando Leone III impedì il culto delle immagini sacre. Per salvare le icone, dall’oriente esse venivano affidate alle nevi, che spesso approdavano anche nel Cilento; qui la popolazione asserragliata sui colli le avrebbe poste in luoghi protetti. Diverse statue non hanno una storia certa, quel che è certo, invece, è che nei secoli che seguirono molte volte la Vergine veniva rappresentata secondo questa tipologia.
Distaccato rispetto al corpo della chiesa è il campanile, strutturato su più livelli quadrangolari, e culminante con un cilindro coperto a volta. Questa struttura architettonica richiama lo stile arabo-siculo ed è un esempio unico nel Cilento, conferendo al piccolo santuario estrema bellezza e semplicità.

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