Il 15 giugno 1804 fa nasceva a Capaccio Costabile Carducci, figura emblematica e guida dei moti rivoluzionari del Cilento nel 1848. In quell’epoca, la Penisola Italiana era ancora divisa in una molteplicità di entità statali, tra cui il Regno delle Due Sicilie, caratterizzato da un’identità marcata e tradizioni distanti da quelle dell’Italia centro-settentrionale.
Tali differenze rendevano complicata l’adozione di un modello unitario ispirato alla Rivoluzione francese, ma non scoraggiavano coloro che sognavano – e combattevano – per un’Italia unita. Tra gli episodi più noti, spicca la celebre Spedizione dei Mille: i due piroscafi Piemonte e Lombardo approdarono nei porti di Marsala, Salemi e Calatafimi, fino a giungere a Palermo, dove l’arrivo dei garibaldini si intrecciò con l’insurrezione popolare della città. Da lì, attraverso una serie di battaglie contro l’esercito borbonico, riuscirono infine a conquistare l’intero Regno delle Due Sicilie.
L’impegno nei moti del Cilento
Pochi, però, conoscono gli eventi che precedettero questa impresa e che ebbero come scenario proprio il Cilento: il primo moto nel 1828, il secondo vent’anni dopo. Protagonista indiscusso di quest’ultimo fu proprio Costabile Carducci, fervente sostenitore delle idee carbonare e punto di riferimento per numerosi gruppi rivoluzionari. L’insurrezione partì da Torchiara e rapidamente si estese all’intera area cilentana.
In quei giorni, Carducci si mise in evidenza come uomo d’azione, instancabile e sempre in prima linea, convinto che la crescita politica delle masse potesse essere stimolata non solo attraverso le idee, ma soprattutto con l’esempio. Con la concessione della Costituzione, assunse il comando della Guardia Nazionale di Salerno con il grado di colonnello. Tuttavia, il sogno costituzionale si infranse quando la monarchia borbonica sciolse il Parlamento: Carducci fu costretto all’esilio, prima a Roma, poi in Sicilia.
L’ultimo ritorno nel Cilento
Il 14 giugno del 1848, insieme a Ferdinando Petruccelli della Gattina e ad altri attivisti, tentò di accendere nuove rivolte in Calabria. Ma l’esercito borbonico intervenne duramente, soffocando ogni tentativo. Carducci cercò quindi rifugio nel Cilento. Durante il viaggio una tempesta lo costrinse a fermarsi a Maratea, da dove il 4 luglio approdò sulla spiaggia del Porticello, ad Acquafredda.
Ad attenderlo, però, c’era il sacerdote Vincenzo Peluso di Sapri, uomo di fiducia dei Borboni, che – fingendosi alleato – tradì Carducci: uccise molti dei suoi compagni e lo fece prigioniero. Lo stesso giorno, dopo essere stato esposto al pubblico ludibrio, fu condotto nella pineta di Acquafredda dove venne ucciso con un colpo di pistola al volto.
Solo dopo la sua morte, la portata del pensiero e dell’azione rivoluzionaria di Costabile Carducci riceverà un pieno riconoscimento. I suoi ideali di libertà, perseguiti con coerenza e coraggio, resteranno una pagina indelebile della storia del Cilento.