Attualità

Salvata all’ospedale San Luca, la storia di Ada. «da un altro ospedale mi avevano dimesso»

Un caso di buona sanità raccontato da Ada Maffia, cilentana costretta a ricorrere alle cure ospedaliere per un problema di salute

Ernesto Rocco

25 Ottobre 2023

Ospedale di Vallo della Lucania

«E’ davvero strana la vita, sono qui a scrivere ciò che non avrei mai immaginato di scrivere, e soprattutto a chi non avrei mai immaginato di rivolgermi. Invece, eccomi qui, serena, dopo una esperienza ospedaliera vissuta all’improvviso, da sola, impaurita, e con tanta ansia per quanto mi stava accadendo». In un periodo storico in cui i casi di malasanità fanno subito notizie, Ada Maffia ha voluto raccontare la sua esperienza da paziente all’ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania.

La storia di Ada Maffia

Tornata a casa dopo un periodo di degenza, la signora ha voluto ringraziare tutto il personale del reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Vallo Della Lucania, «per essere stati non solo professionalmente validi, ma soprattutto sensibili e disponibili sempre, in ogni momento della mia degenza facendo si che le mie ansie e le mie paure si attenuassero».

La storia di Ada Maffia si è conclusa con un lieto fine dopo che in un’altra struttura sanitaria era stata dimessa dopo alcuni esami. «Capita di trovarsi soli, stare male, e “sbagliare” Ospedale, essere visitati, fare esami diagnostici ed essere mandati a casa perché nonostante le risultanze delle indagini alle quali mi sono sottoposta, il medico di turno ritiene che le mie condizioni di salute (occlusione intestinale), siano tali da potersi curare a casa con dei fermenti lattici.
II “caso” vuole che insistendo con gli operatori del soccorso 118, mi ritrovo a Vallo della Lucania
(e non nuovamente in un’altra struttura ndr) dove un protocollo sottoscritto a tavolino, mi avrebbe condotta, e dove la vicenda avrebbe avuto altra sorte!»

«Si può vivere per caso? Credo di no. Credo sinceramente che chi si avvia alla professione medica debba essere non solo preparato, ma dovrebbe avere il minimo di umanità e sensibilità nei confronti di una professione difficile, delicata, dove l’improvvisazione, la fretta, oltre alla impreparazione, determinano la vita o la morte di un paziente».

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