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Museo nella galleria di Velia: le perplessità della senatrice Corrado

"Trasformare la galleria borbonica, richiederebbe, a prescindere dalla sensatezza o meno dell’idea, con un’alterazione sensibile del contesto"

A cura di Costabile Pio Russomando Pubblicato il 10 Maggio 2021
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Dopo il Codacons Cilento anche Margherita Corrado, senatrice del Gruppo Misto, esprime perplessità sull’ipotesi di un museo in una galleria dismessa. Accade a Velia. Il Parco Archeologico ha già ottenuto un finanziamento per 7,6 milioni di euro (accordato con riserva).

“Il tunnel in questione – osserva la Senatrice – è legato al tracciato ferroviario ottocentesco (ma post-unitario) che lambisce l’antica città magnogreca in agro di Ascea ma è stato dismesso per la realizzazione della nuova strada ferrata, che corre parallela alla vecchia, e di una nuova galleria. Lungo ca. 250 metri e costruito con i tipici mattoni rossi cilentani dell’epoca, fu acquistata ed era in uso alla Soprintendenza per ricoverarvi i reperti archeologici provenienti dagli scavi di Elea-Velia e dal territorio afferente. L’accesso è esterno alla recinzione dell’area archeologica ma al momento, per ragioni di sicurezza, possono entrarvi solo gli addetti ai lavori, e non più di 5 per volta, seguendo le rigide prescrizioni dei Vigili del Fuoco. All’interno della galleria borbonica, infatti, il tasso di umidità è molto alto, anche a causa della scarsa circolazione dell’aria, resa ancora più difficoltosa dallo sbarramento dei due imbocchi, che rappresentano le uniche aperture”.

Considerazioni, queste, che portano l’on. Margherita Corrado a mostrare più di qualche perplessità per la proposta di un museo nella galleria di Velia: “Trasformare la galleria borbonica, che per età è anch’essa un bene storico, in uno spazio espositivo visitabile, richiederebbe, a prescindere dalla sensatezza o meno dell’idea – il traforo è largo pochi metri, privo di luce naturale e scarso di aria –, interventi molto invasivi sia sul manufatto sia sullo strato di roccia soprastante (spesso oltre 50 metri), con un’alterazione sensibile del contesto, interventi che, oltre a vanificare gli sforzi finanziari già sostenuti per adibirla a deposito, la assoggetterebbe ad una ulteriore forzatura funzionale.
Si vocifera con insistenza, inoltre, che per servirla e raccordarla all’acropoli il progetto preveda la costruzione di un ascensore , iniziativa impensabile solo qualche anno fa ma oggi sdoganata automaticamente, è il caso di dirlo, da quel diritto alla piena accessibilità che gode di risorse ingenti ma dovrebbe trovare il suo limite nel buon senso e nell’interesse superiore di salvaguardare l’integrità del paesaggio cilentano, specialmente all’interno di un Parco naturale e sito Unesco”.

Poi avanza ulteriori sospetti: “La ‘mitologia’ locale sembra avere già avuto il sopravvento: imminenti lavori di scavo, per un importo di 300.000 euro, si concentreranno proprio sul declivio tra l’imbocco del tunnel e la sommità dell’acropoli. Il dubbio che quelli in programma siano sondaggi preventivi alla realizzazione dell’ascensore panoramico e annessi è legittimo e le associazioni locali di cittadinanza attiva fanno benissimo a mettersi in allerta preventiva appena all’orizzonte si profila un nuovo pericolo per il PAEVE, poiché se l’aspirazione a dotarsi di un museo nazionale è legittima e condivisibile, né il denaro pubblico può essere sprecato, certe recenti esperienze infelici a Velia come a Paestum confermano che sempre prevenire è meglio che curare”, conclude la senatrice.

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