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Storia del brand Mini, dal 1959 ad oggi

Tra le auto più famose ed apprezzate al mondo da nuove e vecchie generazioni c’è sicuramente la Mini. Nata ormai sessant’anni fa, parliamo di una vettura che ha scritto la storia del mondo automobilistico.

A cura di Redazione Infocilento
Pubblicato il 26 Novembre 2019
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La parte bella di questa onnipresenza della Mini tra le auto più vendute è sicuramente il fatto che intramontabile com’è, non passa mai di moda, piace a nuove e vecchie generazioni in tutte le sue evoluzioni.

Ma qual è la sua reale storia? Con la consulenza degli amici di Autonovamilano.it, BMW e Mini Service a Milano, andremo a scoprire le origini della famosa azienda, sinonimo di vetture trend, solide e funzionali.

La nascita della Mini: Agosto 1959

Era l’agosto del 1959 quando viene presentata sul mercato automobilistico una vettura destinata a rimanere tra le più iconiche della storia.

All’epoca la Mini era stata idealizzata dalla BMC (British Motor Corporation) grazie al suo, non poco eccentrico, progettista, Alec Issigonis.

Allora, il designer doveva rispettare una richiesta specifica: ovvero una piccola utilitaria per quattro passeggeri e che avesse sufficiente spazio anche per qualche bagaglio. Doveva essere una vettura accessibile economicamente e anche fattibile sul piano dei consumi.

Il progettista aveva nomea di uno dalle idee particolari e molto fantasiose, che si erano distinte già dal dopoguerra. E così a distanza di tre anni dalla proposta fattagli (correva l’anno 1956) Issigonis presentò un progetto innovativo che piacque sin da subito.

La struttura della prima Mini

La proposta di Issigonis fu questa: il motore, che all’epoca faceva la differenza, si montava anteriormente e in posizione trasversale. Il motore era 4 cilindri da 848 cc e consentiva di guadagnare spazio per mettere qualche bagaglio in più nel cofano.

La trazione anteriore aboliva il tunnel della trasmissione, ma l’innovazione maggiore era l’abitacolo da quattro passeggeri in appena 3,05 metri di lunghezza.

La marcia era stabile, la tenuta di strada altrettanto. Questo la rendeva similare ad un go-kart, il che mostrava il suo portamento sportivo.

Ovviamente, l’innovazione strutturale fu accolta con entusiasmo in azienda, per cui fu subito dato l’ordine d costruire la vettura commercializzata in un secondo momento come Morris Mini Minor e Austin Seven, che erano differenti solo per pochissimi dettagli.

La Mini raccolse così presto il consenso dal mercato che nel 1965 gli esemplari in giro avevano superato il milione.

Il boom della Mini dal 1961 in poi

La vendita della Mini cominciò nel 1961 con motori sempre più performanti: il più potente infatti raggiungeva 160 km/h di velocità, il che allora era molto. Un anno dopo il debutto, la casa madre volle ampliarne la portata, per cui propose in commercio la versione familiare.

La Mini Minor Traveller era una giardinetta col passo allungato porte a battente posteriori e profili in legno. Sulla base di questa struttura, l’azienda automobilistica pensò anche ad una versione commerciale furgonata e ad una rarissima versione pick-up.

Un boom in tutta Europa

La macchina, inglese a tutti gli effetti, per la metà degli anni ’60 diventò famosa in tutta Europa. E anche l’Italia non riuscì a resistere a questo suo aspetto elegante, quasi snob. Il solo freno che c’era nel nostro paese era legato ai dazi italiani sulle vetture estere; per il resto chi all’epoca poteva permetterselo, aspettava con ansia di poter guidare un’auto tanto chic.

Proprio per favorire la domanda italiana che cresceva a vista d’occhio, la BMC decise di permettere agli stabilimenti Innocenti di Lambrate, Milano, di costruire su licenza il modello Mini (in vero la fabbrica già costruiva sotto consenso già tanti altri modelli).

La produzione dagli anni ’70 fino ai giorni nostri

La Mini proseguì a cavalcare l’onda del successo anche negli anni ’70, bene o male sempre con la stessa struttura.

Tuttavia in quel periodo la casa madre stava subendo lo smacco della crisi petrolifera che dal 1973 influenzò un po’ tutti i settori.

La BMC subì molto questa influenza, per cui tra singhiozzi e situazioni poco piacevoli, nel 1976 la fabbrica Innocenti fu sostituita dal gruppo De Tomaso.

Quest’ultimo cambiò radicalmente l’aspetto della Mini classica, di cui rimase solo il nome. La nuova auto, city car disegnata da Nuccio Bertone, fu la Mini 90.

Fu così che cominciò un nuovo periodo per il catalogo Mini. La BritishLeyland decise di proporre sul mercato una nuova minivettura, portando alla limitededition la classica Mini. Questo nuovo periodo ebbe ancora un altro ciclo evolutivo quando la BMC cedette il marchio Rover alla giapponese Honda.

Negli anni ’90 poi la Rover passa nelle mani della BMW che cambia radicalmente assetto di motori ed estetica delle auto ereditate. E così l’ultima Mini di fabbrica risale agli anni 2000. Dopo oltre un cinquantennio in giro per il mondo si contano più di 5 milioni e 300 mila.

Un accenno a Mini, ma con aspetto e dimensioni completamente diverse dai modelli pregressi, si è avuto nel 2014, quando ha fatto il suo ingresso nel mercato la Mini Countryman, a 3 e 5 porte, con 4 ruote motrici. Altri due modelli proposti sono la station wagon (Clubman) e la sportivissima John Cooper Works.

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