Le notizie di cronaca provenienti dagli Stati Uniti che da mesi scuotono il mondo delle sigarette elettroniche hanno generato reazioni di vario tipo, sia da parte degli esperti del settore sia dalle istituzioni. Mentre le autorità americane hanno paventato persino il bando dei prodotti da svapo, in Italia – e, più in generale, in Europa – si sono levate voci di tono nettamente differenti, rivolte soprattutto ad evitare un allarmismo eccessivo, rassicurare i consumatori e promuovere la diffusione di informazioni attendibili in merito.
Anche l’Istituto Superiore della Sanità non ha fatto mancare di esprimere la propria posizione. In una nota diramata il 23 settembre attraverso il sito ufficiale dell’ISS, si legge che “non esiste alcun PianoISS in cui è prevista “una stretta in arrivo sulle e-cig” e che “le dichiarazioni della Dr.ssa Roberta Pacifici sui rischi della sigaretta elettronica non si riferiscono ad alcun piano nazionale o regionale ma riguardano la posizione più volte espressa dall’Istituto sull’opportunità di attuare allo stato attuale delle conoscenze un principio di cautela riguardo l’utilizzo di questi dispositivi”.
Nel dettaglio, la stessa dottoressa Roberta Pacifici ha poi pubblicato un approfondimento sul sito di Epicentro, il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, relativo a quanto sta accadendo negli USA, in cui si legge: “La maggior parte dei casi registrati negli Usa ha utilizzato prodotti per e-cig contenenti THC (tetraidrocannabinolo), molti hanno usato prodotti a base sia di THC che di nicotina e altri pazienti hanno consumato prodotti contenenti solamente nicotina. I CDC segnalano inoltre che molti casi sono collegati all’utilizzo di prodotti acquistati attraverso canali non ufficiali e da rivenditori non autorizzati. I CDC stanno collaborando con i Dipartimenti sanitari statali e con la Food and Drug Administration (FDA) per le indagini epidemiologiche del caso ma al momento nessuna singola sostanza o prodotto di sigaretta elettronica è stato associato alla malattia (pur se la causa sospetta sembra essere un’esposizione chimica)”.
L’ISS ha anche precisato, all’interno dello stesso comunicato in risposta ad un articolo pubblicato da Il Messaggero, di dedicarsi al supporto dello sviluppo di piani strategici in collaborazione con il Ministero della Giustizia e le Regioni.
Il 10 ottobre, invece, il Sistema Nazionale di Allerta Precoce (SNAP) sulle Nuove Sostanze Psicoattive (NSP) coordinato dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha diramato un’allerta di secondo grado sulle sigarette elettroniche, “sulla base delle segnalazioni ricevute dall’Osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze di Lisbona (European Monitoring Centre for drugs and drugaddiction, EMCDDA) relative al focolaio di malattia polmonare associata all’uso di prodotti per e-cig registrato negli Usa”, come si legge su Epicentro, il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica.
Il messaggio dell’ISS è piuttosto chiaro: le cause dell’epidemia diffusasi negli USA sono ancora da accertare ma si sospetta che l’uso improprio di additivi al THC sia la causa primaria, pur raccomandando “un atteggiamento di massima prudenza” poiché sono “troppe ancora le informazioni che non si conoscono sugli effetti sulla salute, specialmente a lungo termine”, come scritto dalla dottoressa Pacifici.
Ad ogni modo, va anche sottolineato come la situazione relativa alle sigarette elettroniche in Italia (e in Europa) è regolamentata in maniera molto più rigida rispetto a quanto accade negli Stati Uniti. Nel nostro paese è in vigore dal 2016 una serie di norme in ricezione della Direttiva europea del 2014; per tanto, in Italia, la commercializzazione dei prodotti per lo svapo è soggetta a precise limitazioni: i consumatori possono acquistare i device elettronici e i liquidi (con o senza nicotina) sia presso i negozi fisici specializzati sia presso gli store online dei rivenditori autorizzati – come ad esempio Vaporoso – dall’Agenzia dei Monopoli di Stato.