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Hotel Castelsandra, sopralluogo nell’albergo fantasma | FOTO

Le recenti polemiche sull'abbattimento dei manufatti abusivi hanno riacceso i riflettori sull'Hotel Castelsandra. Ecco le condizione dell'albergo della camorra.

A cura di Ernesto Rocco
Pubblicato il 7 Agosto 2016
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Le recenti polemiche sull’abbattimento dei manufatti abusivi hanno riacceso i riflettori sull’Hotel Castelsandra. Ecco le condizione dell’albergo della camorra.

La vita si è fermata da circa un ventennio all’Hotel Castelsandra. Un calendario indica l’anno 1996 come data del decesso di una delle strutture ricettive più ambite della costa cilentana. I fasti di un tempo sono lontani. Alle voci degli animatori, alle urla dei bambini, ai rumori del continuo via via dei camerieri, si sono sostituiti il canto delle cicale tra i pini e i passi veloci dei ratti che rompono il silenzio di una calda e torrida giornata d’estate. Ora sono loro, insieme ai vandali, i padroni della struttura. Della maestosità di un tempo resta davvero poco: resta la reception che pare ancora pronta ad accogliere i visitatori; i piatti nella cucina disposti in un singolare ordine, la grande sala ristorante, i biliardi, le camere, le piscine. Negli uffici ci sono ancora i documenti che contengono i preventivi dell’ultimo grande cenone di capodanno, con concerto di un neomelodico napoletano, o le prenotazioni di turisti inglesi, francesi e tedeschi. Erano soprattutto loro a cercare qualche momento di relax e divertimento al Castelsandra.

Costruito nel ’74 da una coppia di belgi che volle chiamarlo così in ricordo della figlioletta morta, finì poi nelle mani di Luigi Romano, personaggio legato al clan camorristico Nuvoletta. Il sequestro da parte della guardia di finanza avvenne nel 1992. Da allora il tempo si è fermato. Alcune villette abusive sono in corso di abbattimento. La struttura principale, invece, resta ancora lì. Anni fa il Parco lanciò l’idea di convertirla in un “giardino del Mediterraneo”. Si voleva lanciare un bando internazionale per riqualificare la zona a fini scientifici, educativi e ricreativi. Avrebbe dato lavoro la manutenzione, la ricerca e la didattica. Ma per tutto questo si sapeva che ci sarebbe stato bisogno di tempo.

Foto di Angelo Gasparro.

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