Cultura

Tradizioni. La “cénta” tra paganesimo e cristianesimo

notizie

Storia di un antico rituale

di Lucia Cariello

“Gesti antichi, segni ripetuti e visti ripetere, di padre in figlio, di nonno in nipote, che scaldano l’anima al fuoco di tradizioni che parlano di Dio, della Madonna e dei Santi. Una ricchezza da “proteggere, promuovere e, se necessario purificare. (…)  Sono queste le espressioni di Benedetto XVI, con le quali ha ribadito l’importanza della religiosità popolare. Fin dai suoi albori il Cristianesimo ha dovuto fare i conti con reminiscenze di culti pagani. Parliamo di ritualità che affondano le radici nella notte dei tempi, aventi come destinatari divinità del cielo e della terra. Fin dalle origini, quindi, la Chiesa ha saputo integrare di volta in volta, forme celebrative preesistenti dotate già di per sé di una propria struttura e solidamente radicate nelle rispettive comunità. Ha assimilato processioni, rituali, litanie traducendoli in eventi liturgici dalla natura ibrida per contenuto e forma. Si tratta in realtà di un percorso di assimilazione  necessario al fine di rendere meno traumatico il passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Tra i più interessanti segnaliamo i templi dedicati ad Iside, divinità egizia il cui culto è stato tra i più celebrati tanto in Oriente quanto in Occidente, i cui santuari vennero riconvertiti in santuari mariani, e le statue nella “Regina Caeli” con in braccio il figlio Horus. Anche in territorio cilentano possiamo scorgere la stessa natura ibrida in alcune ritualità bene radicate. Che ne dite delle Cènte? Rimasto immutato da tempo immemore, il rito delle Cénte (probabilmente cento candele) è tipico del Cilento. Le candele tenute assieme ed ornate da nastri colorati assumono la conformazione di barca, di castello o di uovo, a seconda della tradizione del paese. La ritualità, in realtà, va ricondotta al mondo greco - romano, in particolare in celebrazioni in onore della dea Demetra (dea delle messi) nel corso di feste definite Eleusine e Tesmoforie. Le prime duravano nove giorni e cadevano a febbraio e settembre mentre le seconde si tenevano a novembre. In realtà, le teorie sulla derivazione pagana delle “cénte” non si ferma qui. Alcuni studiosi ritengono, infatti, che possa derivare dai misteri legati al culto della dea Iside e che processioni e canti devozionali altro non siano che un calco della “Navigium Isidis” o “ Nave di Iside”, un corteo in maschera in cui un'imbarcazione veniva caricata di omaggi floreali e offerte. Quindi cesto, castello e uovo verrebbero, così, ricondotti alla simboligia “Isiaca”. Capizzo, Magliano Vetere, Caselle in Pittari, Monteforte Cilento e Sacco rappresentano solo alcuni dei paesi cilentani dove la tradizione delle “cènte” è fortemente radicata. A Sacco, ad esempio, per la festa patronale del due Agosto legata alla Madonna degli Angeli accorrono sacchesi da ogni parte d’Italia senza contare quei cilentani residenti all’estero che annualmente ritornano nel loro paese d’origine proprio in occasione della festività. Sacro e profano, paganesimo e cristianesimo, dunque, si intrecciano e si influenzano a vicenda, formando un inestricabile connubio che  affascina e seduce chi vi assiste, ritualità entrate a far parte della nostra tradizione e come tali da preservare.

Forme e significati

di Giuseppe Conte

L’etimologia e il nome. Stabilire la reale origine del nome è una delle problematiche più consistenti. L’interpretazione popolare pone in modo quasi indiscusso il connubio cénta/cento, riducendo il significato alla quantità numerica che il telaio della cénta dovrebbe contenere. Tale affermazione è del tutto immotivata: è impensabile giustificare in modo forzato la costanza di cento candele nelle cénte: il numero dipende dall’ampiezza e dalla forma di ognuna di esse; ed è comunque improbabile addossare un qualche significato “religioso” al numero cento. Il nome, a mio parere, va ricercato nella funzione della stessa. Nel parlato locale “cénta” e “cinta” padroneggiano nell’onomastica dialettale e di rado si tende a far luce sulle differenze linguistiche, dettate, in questo caso, solamente dalla “e” che, in alcuni idiomi diventa “i” seguendo le regole di una imprecisata grammatica cilentana. Cento, dal canto suo, suona “ciento” ed è, dunque, plausibile una tale interpretazione, ma solo a livello linguistico e non interpretativo.

Forme e significati. È fuor di ogni dubbio che la “cénta” è un dono votivo offerto ai Santi ed alla Madonna, mentre la “cinta” è prevalentemente dedicata alla figura mariana.

Ovaleggiante: simbolo di fecondità. In questo contesto emerge la “cinta” col significato di “casta”. È pensabile che tali strutture venissero portate in processione per affidare alla Madonna la propria esistenza con l’augurio di diventare madri. A supportare questa teoria, è la predominanza quasi assoluta delle donne che si fanno carico del loro trasporto e spesso della loro realizzazione. Si nota, nei cortei processionali recenti, che la quasi totalità delle cinte ovaleggianti è trasportata da una donna. È anche probabile che tale azione sia svolta inconsciamente in tempi recenti, mentre in passato era il frutto di un’importante valenza devozionale. Col significato di “casta” le giovani fanciulle recavano sul capo le “cinte” ovvero “cinte di purezza” esternavano il loro affidamento alla Madre Celeste, affinché concedesse loro il dono di diventare madri. Così si innesta una sorta di tornaconto: dal dono offerto a Maria al dono della vita concesso ad esse. “Ovaleggiante” è la forma di questo “ex-voto”, simbolo per eccellenza della fecondità.  

Barchiforme e a torre: una questione di territorialità? I telai che presentano caratteristiche di barca o di torre, possono essere associati alla provenienza della stessa: la prima, potrebbe riferirsi alle località marine mentre la seconda a quelle interne. Tuttavia non vi è certezza su tale deduzione ma è comunque accettabile una simile teoria. Per meglio comprendere questo passaggio, è d’aiuto assistere ai continui pellegrinaggi che dalla tarda primavera si riversano sul Monte Gelbison per omaggiare la Madonna custodita nel Santuario di Novi Velia. Ogni compagnia, di solito, porta con se una o più “cénte”: la provenienza può essere dedotta dalla struttura dei telai,  a barca o a torre per l’appunto. Ciò era maggiormente evidente fino alla metà del secolo scorso, quando i valori cristiani determinavano ancora una profonda devozione che, col passare degli anni si è assottigliata, almeno dal punto di vista delle esternazioni spirituali ma anche materiali.    

Una possibile differenza tra “cénte” e “cinte”. Dopo aver dato particolare attenzione alle “cinte”, è possibile differenziare quest’ultime dalle “cénte”: le prime, come ampiamente esposto, ricalcano l’antico rituale della fecondità, le “cénte”, invece, null’altro che doni offerti per grazia ricevuta o per chiederne una diversa rispetto alla fecondità.

 

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