Sono solo parole

"Sono solo parole": #Confidenza

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«Quanno tornasti, patre, / roppo tant’anni, / come sponta ‘n ato fiore / a stiento / ‘ncoppa lo milo / roppo ‘nna gelata r’abbrìli / accussì / spontarono tra re nui / le parole, li sguardi, le cunfirenze. ‘Ncasa nosta, a lo Ciliento / avìa fatto meno ranni la uerra!».

Si torna a casa anche con il desiderio di riprendere a far parte di quelle confidenze paesane, lasciate a casa insieme ad altri oggetti cari ma non indispensabili. Si partiva dal Cilento nel prima e nel dopoguerra, ma si tornava anche. Bastava poi un giro ufficiale nella piazza del proprio centro e tutto ritornava familiare. Visi, botteghe, amici, sapori. Spesso si rilevavano perdite e si contavano assenti, ma proprio la confidenza era il canale per la ripresa, la ritrovata connessione con le proprie origini.

La parola confidenza /konfi'dɛntsa/, in statistica (Dizionario delle Scienze Fisiche), abbinata ad intervallo (di), rimanda al valore vero di un parametro di un fenomeno collettivo quando sia eseguita una rilevazione per campioni.

Una ricerca storica tra il 1574 e il 1639 ci ricorda anche del gruppo di ‘Confidenti’, titolo di una compagnia di comici dell’arte che recitarono nelle principali città dell’Italia settentrionale, in Francia e in Spagna, alle dipendenze di Giovanni de’ Medici.

Comunemente, il termine è associato all’ esternazione di una cosa che ad altri si tiene nascosta, ad una rivelazione. Nelle forme idiomatiche, il ‘prendersi delle confidenze’ rimanda a qualcosa di negativo, all’esagerazione e all’invadenza nella vita altrui.

Interessante è il fatto che eliminando semplicemente la preposizione ‘delle’, ‘prendere confidenza’ diventa un modo per intendere la dimestichezza con uno strumento o un argomento, accezione molto positiva.

Quando si pensa alla religione, il confessore e il confessionale diventano parole ricorrenti. L’uno come scrigno dei nostri segreti e delle nostre impudicizie, l’altro come luogo angusto e buio in cui esprimerli. La radice etimologica comune (cum+fidentia) si espande anche al concetto di fedeltà e di fiducia.

Sant’Agostino scrive le Confessiones intorno al 400; opera costituita da un continuo discorso che l’autore e protagonista rivolge a Dio (libri 1-9). L’inizio è affidato ad una Invocatio Dei molto simile ad una intima confidenza al supremo interlocutore.

Le confidenze non mancano nel campo dell’editoria e nemmeno in quello delle telecomunicazioni.

A proposito del primo, ricordo personalmente un settimanale molto popolare tra le coetanee della nonna, Confidenze appunto, edito da Mondadori e fondato nel 1946. L’interno era in buona sostanza una telenovelas cartacea, con personaggi inventati e invischiati in storie d’amore impossibili. Con sole duemila lire le confidenze più scabrose e piccanti erano smistate in tutte le case e commentate sulle panchine dalle ricamatrici (di uncinetto).

I messaggi confidenziali dei politici e quelli in codice nei vari gerghi (giovanili, militari), sono in pericolo a causa del loro stesso canale di trasmissione: l’etere. Nonostante apparecchiature sofisticatissime, è noto che le telefonate di premier nazionali e internazionali siano intercettate e rese pubbliche con buona pace dei codici e delle password di accesso. Ci rubano la posta e ci rubano le confidenze i pirati del web: ‘confidano’ in qualche esplicita informazione sulla nostra vita privata.

Forse non ci è rimasto altro che ritornare all’autoconfessione diaristica: assicurandoci bene inteso, di cambiare il lucchetto frequentemente.

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