Mercato Cilento: fiera della Madonna del Carmine


L’alba, alle cinque del mattino, stempera la notte, rosseggia, rischiara torpidamente il nastro di strada, che parte dalla chiesa di San Nicola a Prignano e arriva al santuario dellaSan Nicola a Prignano e arriva al santuario della Madonna del Carmine a Mercato. Adagio, a piedi nudi, uomini, bambini, donne giovani, anziane, da tanto, tanto tempo, partono, ripercorrono il cammino, portano le cente: i cesti devozionali per invocare la grazia.

La processione procede calma. Una donna, da mezzo secolo, ritorna su quei passi, che sua madre le insegnò, nel tempo in cui proprio per lei, piccola e ammalata, portò alla Madonna del Carmine la centa per supplicare la clemenza, la guarigione e la ottenne, insieme con lei, la sua gente, il suo paese. Ogni anno la prima domenica dopo il 16 luglio, giorno della festa della Madonna del Carmine, da Prignano Cilento, il corteo parte, anche adesso, domenica 24, i fedeli si riuniranno di notte, davanti l’antichissima chiesa di San Nicola, risalente al mille e a piedi, portando a turno le cente, arriveranno, dopo due o tre ore, a Mercato Cilento.

In questo antico borgo, frazione di Perdifumo, sorge il convento e la chiesa del Carmine: la loro meta. Il Convento di S. Maria del Carmine nel 1472, incluse l'antica chiesa di S. Maria dei Martiri e fu fondato dal carmelitano Giovanni de Signo. Fu soppresso nel 1809, nel Decennio francese e verso la fine dell’Ottocento fu affidato all’Ordine dei Trinitari Scalzi, fu tenuto poi da altri religiosi e andò, infine, ai Vocazionisti nel 1934. Il Convento fu fortificato nella prima metá del XVII secolo per difendersi dagli attacchi dei briganti che predavano il paese e assunse così il suo aspetto di fortezza.

Al raggiungimento di questo sacro luogo è tesa la processione, che da Prignano parte prima dell’alba, alle cinque del mattino, per venerare la Madonna del Carmine. Questo rito antico serba immutate le tradizioni del suo popolo. A Mercato fervono i preparativi e intorno alla statua dal viso dolce della Madonna, è allestita “l’apparata” con stoffe bianche, celesti, colorate, d’oro. Le donne più anziane raccontano che, un tempo, tutta la chiesa era addobbata, non solo la statua; la chiesa, ancora meravigliosa, forse la più bella di questo magico cantuccio del Cilento, accoglie i fedeli, imponente, ricca, stupenda, affianco al bellissimo chiostro del convento.

Sono confezionate, a Mercato come a Prignano, con maestria e passione, le cente a forma di barca o di ostia “sacrata”, di corona: bellissime, abbellite con fiori, rametti, immagini sacre, le pesanti cente, da reggere sulla testa, poiché, come le donne spiegano, non possono essere portate a mano. Le cente, che riportano la memoria indietro nel tempo, sono una particolarità di tutta l'area lucano-cilentana e non si può escludere una relazione tra queste e la gerla tipica delle immagini iconografiche dell’antica dea Cibele: ai festeggiamenti in suo onore, infatti, prendevano parte vergini vestite di bianco che davano in dono primizie di frutta finemente allestite in canestri dalle forme diverse.

La Madonna del Carmine, che attende il corteo nella chiesa, è vestita con il bellissimo abito marrone, regalo dei prignanesi e ha un mantello prezioso e antico. Alzando lo sguardo alle colline attorno, tre santuari si guardano: questo, quello della Madonna della Stella e quello di Novi Velia. Le tre Madonne venerate, dall’alto, proteggono, in un dolce abbraccio di sguardi, i propri fedeli. Una delle più antiche fiere è organizzata per concludere la festa e, anche se piano piano smarrisce le proprie origini, divenendo più mercato che non fiera, conserva tuttora una delle sue caratteristiche arcaiche: la vendita della cipolla di Vatolla. Questo pregiato bulbo si distingue dalle altre cipolle perché è zuccherino, squisito e gustoso come nessun altro ed è famoso in tutto il Cilento.

La cipolla di Vatolla è diversa, è prelibata, è antichissima sfera, dolce pietanza per gli dei. Un frutto della terra che serba in sé il sapore della genuinità… Montagne di globi enormi, rosati e lucenti occupano la strada, saranno vendute tutte, per la loro delicatezza e perché ognuno aspetta questa occasione per poterle acquistare oggi, come allora durante la festa. Le peregrinazioni, le cénte votive, le fiere, pur essendo espressioni proprie della devozione popolare, attecchiscono nell’anima dell’etnia cilentana, nascono dall’eco di una tradizione secolare costruita su riti antichissimi che riaffiorano nei gesti della gente, estremo soffio di vita di miti ancestrali, spirito culturale di una popolazione che si riscopre.
Milena Esposito

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