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Mafia e processioni. Quel precedente a Castellammare

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La vicenda della processione di Oppido, dove la Madonna delle Grazie è stata fatta fermare di fronte alla casa del boss del paese, sta giustamente scatenando fiumi di polemiche, svelando dell’Italia il volto più raccapricciante e triste. Le tradizioni popolari, guidate dai loro portabandiera, si fondano con il potere criminale che controlla il territorio, in un abbraccio asfissiante che non lascia scampo nemmeno alla vergogna.Castellamare di Stabia, nel napoletano, è stato per anni teatro di un episodio simile. Durate le processioni cittadine, la statua del Patrono San Catello si ‘inchinava’ davanti al balcone del vecchio boss Renato Raffone, clan D’Alessandro, che puntualmente si affacciava per salutare e poi invitata il corteo a proseguire. Nel 2010 viene eletto sindaco di Castellammare il magistrato Luigi Bobbio. Nella processione del gennaio 2011, la prima che segue da primo cittadino, si accorge del rito e s’infuria. In quella successiva, maggio dello stesso anno, fa di più: in aperta polemica col vescovo Felice Cece, si sfila la fascia tricolore, tira giù il gonfalone del Comune e abbandona la processione insieme agli assessori. Un anno più tardi il teatro è lo stesso, ma stavolta con la tensione di un intero paese e l’attenzione di telecamere e giornalistici. San Catello si fermerà ancora a casa del boss dopo le proteste della giunta? Sì, si ferma. E mentre il sindaco ripete la plateale protesta e se ne va, il boss si affaccia compiaciuto e sorride della sua vittoria. Da par loro, il vescovo e gli organizzatori si difendono sostenendo che il motivo di quella sosta è di carattere religioso, essendo un omaggio alla vecchia chiesa sita al primo piano del palazzo di Raffone. Ma in realtà quella non è altro che una vecchia cappella in disuso, e in paese il vero motivo della ‘stazione’ è un segreto di Pulcinella. Intervistato da Italia1, il genero del boss, anch’egli condannato per associazione a delinquere, invita la diocesi a non ripetere la tradizione per porre fine alle proteste. Il vescovo Cece lo asseconda. Nella processione del maggio 2012 la statua prosegue infatti spedita per via Brin: ai potenti ‘portatori’, additati da Bobbio come i veri collusi, viene categoricamente vietato di esitare. Qualcuno fa esplodere fuochi d’artificio non appena il Santo supera il balcone della discordia, mentre il sindaco esulta per la ‘vittoria delle istituzioni’. Una vittoria amara e solo momentanea.

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