Cilento a tavola

La tradizione della Pizza Cilentana

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CIlento– Sicuramente molte persone leggendo il titolo di questo articolo rimarranno sorpresi, considerando che la pizza fa parte di un panorama gastronomico ben diverso da quello Cilentano. Eppure rimarcando la genesi e l’evoluzione del concetto di pizza possiamo notare come questa pietanza, conosciuta a livello mondiale, potrebbe avere diversi padri. Molte testimonianze ci dicono che la prima volta che compare il termine pizza si fa riferimento al latino volgare nel 997 a Gaeta per poi comparire in diverse località limitrofe; altre testimonianze meno note trasmettono che le origine della pizza coincidono con quelle del pane, dunque nel Medio Oriente.

Tuttavia il concetto di pizza moderno lo vediamo nascere nel sedicesimo secolo a Napoli, confermato poi nel secoli successivi dalla tradizione Napoletana e dalla nascita della pizza Margherita nel diciannovesimo secolo. Addirittura la pizza napoletana è disciplinata dalla PAT (Prodotto agroalimentare Tradizionale) che tutela e garantisce al consumatore i prodotti utilizzati per i condimenti, nondimeno anche le varie procedure di lievitazione ed impasto. Contro questa grande tradizione come potrebbe reggere mai il confronto una “fantomatica” pizza di origini Cilentane? Ebbene miei cari lettori le differenze ci sono e anche di un certo spessore.

Appurato che la pizza non ha sicuramente origini Cilentane, abbiamo un’ottima variante legata in qualche maniera alla nostra tradizione gastronomica; potremmo riassumere le differenze in tre punti principali:

  • L’impasto, composto da grano duro, acqua e lievito madre

  • Pomodoro cotto precedentemente

  • Dressing di condimento

Per quanto riguarda l’impasto, anche se sembrerebbero ingredienti simili a quelli utilizzati per la pizza napoletana, ci sono delle differenze abbastanza importanti; l’utilizzo solo di grano duro permette una diversa formazione della “maglia glutinica” che condizionerà la crescita dell’impasto come l’altezza e la morbidezza della pizza in cottura. L’acqua, che sembra un elemento universale, cambia decisamente sapore a seconda della sua durezza caratterizzando molto la componente minerale nella pizza e incidendo anche sul sapore dell’impasto. Il lievito madre invece è un dettaglio molto importante, sia perché influisce sui tempi di lievitazione (di circa 24 ore per un impasto completo) che sui processi di fermentazione e la formazione dei prodotti secondari. Innanzitutto il lievito madre è l’ideale per il consumatore che subisce sgradevoli reazioni di intolleranze per il lievito di birra comunemente utilizzato nell’impasto delle pizze. Nel lievito madre abbiamo una considerevole componente di lattobacilli che innescano la fermentazione lattica arricchendo il panorama organolettico dell’impasto; inoltre il lievito madre demolisce un componente molecolare all’interno dell’impasto che causa il rallentamento dei processi digestivi nell’uomo. Il pomodoro cotto prima di metterlo sulla pizza sicuramente da un aroma differente maritato in conclusione al differente formaggio da utilizzare rispetto alla pizza napoletana: il cacioricotta di capra cilentano, leggermente amaro e sapido ma di grande consistenza che dona alla pizza un forte gusto e persistenza nel palato.

Insomma questa è un po’ la storia della nostra pizza, cotta nel forno a legna per i più tradizionalisti oppure nei forni sorrentini fatti a mano con bruciatore a gas nell’interno per ideologie più ecologiche; teglia o pietra per il piano di cottura o aggiunta di olio extra vergine di oliva nell’impasto per renderlo più “grasso” ; l’importante è continuare a tramandare queste splendide realtà gastronomiche che, come ricordo sempre, contribuiscono ad arricchire l’evoluzione della nostra storia.

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