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Come gli inglesi danno una seconda vita agli oggetti usati

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Che il mondo sia sempre più saturo di prodotti dalla vita breve è stato ripetuto in ogni forma. Il ciclo economico si nutre di oggetti nuovi e ha poca pietà di quelli vecchi, perché non remunerano le imprese e non regalano al consumatore il piacere immediato dell’acquisto. Certo il consumo del futile, piaccia o no, è ancora il sale dell’occupazione. Ma è ugualmente vero che sfruttare al massimo le risorse che già si possiedono è ormai un dovere civile e ambientale.Osservando da vicino la vita degli inglesi si scoprono abitudini e pratiche molto interessanti. Primo esempio. Poniamo il caso che a un signore venga regalato un nuovo frigorifero. Quello vecchio è ancora ben funzionante, ma non ha nessuno a cui darlo. A 500 metri da lui abita una signora che avrebbe bisogno proprio di quell’elettrodomestico, poco importa se un po' vecchiotto. Ma i due non si conoscono: il frigorifero verrà buttato via, con ovvi danni all’ambiente, e la signora dovrà comprarne un altro. Il sito internet "The Freecycle Network", diffusissimo in UK e (quasi) sconosciuto in Italia, si preoccupa proprio di evitare questo doppio impatto. Attraverso cerchie locali gli iscritti al sito offrono e chiedono cose, rigorosamente a titolo gratuito. Si trova di tutto: mobili, elettronica, giocattoli. Pochi giorni fa mi sono imbattuto (in ritardo!) in un ipad2 e, ancora più clamorosamente, udite udite, in una Roulotte: era troppo piccola per una famiglia con i figli ormai cresciuti. Naturalmente un sito del genere fonda tutta la sua filosofia su una precisa ‘etiquette’ che riguarda gli oggetti regalabili, gli appuntamenti, la precedenza nelle aggiudicazioni e, soprattutto, il ‘caldo invito’ a non rivendere ciò che si è avuto gratis. In una parola, civiltà. I "Car boot sales" sono un altro esempio del culto del riciclo. Caratteristici mercatini che hanno luogo, di solito settimanalmente, in un parcheggio o in un prato. I partecipanti sistemano tutto il possibile dentro o davanti al cofano dell’auto (car boot), offrendolo a prezzi stracciati. Raramente i venditori sono professionisti, più spesso semplici famiglie che intendono passare una domenica diversa e magari regalare una nuova giovinezza a beni e accessori ormai trascurati. Con i "Charity shops" si fa lo stesso, in più facendo del bene al prossimo. L’intera Inghilterra ne è piena. Negozietti gestiti da enti no profit che raccolgono donazioni di oggetti per poi venderli a somme anche qui irrisorie, o quasi. Si ha l’impressione di fare acquisti in un negozio come tanti, dove per esempio gli abiti sono lavati e stirati, ma con prezzi da mercato. Il ricavato è ovviamente devoluto tutto in beneficenza, al netto delle spese di mantenimento dei negozi (il personale è volontario). Ancora: nei centri di recupero rifiuti è usuale trovare bancarelle o vere e proprie botteghe che danno via per pochi soldi, e talvolta neanche quelli, ciò che può essere ancora salvato dallo smaltimento. L’importanza di certi oggetti diminuisce continuamente, specie per la perdita di valore dei tanti supporti sostituiti dal file sharing. Qualche anno fa una giornalista americana invitava a ‘comprare’ un suo libro intitolato “Io non compro”: l’esperienza di un anno senza comprare niente, per liberarsi dall’assioma ‘lavorare per consumare’. Ma gli oggetti, anche quelli meno indispensabili, sono pur sempre parte della vita: ce la rendono più semplice e ci aiutano a trovare un’identità, una dimensione in cui sentirci più a nostro agio nel mondo. Ecologia non significa aborrire I beni materiali, ma averne cura e considerazione come prodotti della natura. Nella fortunata trilogia Disney "Toy Story", i giocattoli hanno preso vita, si sono mostrati sensibili, affezionati, gelosi dei loro detentori, in un mondo dove sono i giocattoli ad ‘avere’ i bambini, e dove il verbo ‘giocare’ è sempre transitivo. Alla fine dell’ultimo capitolo il protagonista affida la sua amata cesta di giochi a una bambina che ne saprà far tesoro. Una parabola perfetta per spiegare l’importanza di una conservazione sostenibile del posseduto, in un rispetto per persone e cose che sembra materialismo ma è l’opposto.

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