Attualita'

Agropoli, una riflessione sull'Ospedale: Uniti per un bene comune


Oggi corteo di protesta, un appello a tutti a partecipare

Oggi 1 luglio 2010, alle ore 18, in Piazza della Repubblica ci sarà il raduno di un popolo per difendere un bene comune: l'Ospedale Civile di Agropoli. Un vasto territorio, che va da Capaccio fino ad Acciaroli, può essere gravemente danneggiato da scelte politiche dissennate, che antepongono i freddi calcoli economici e di pura conservazione del potere al buon senso e ai diritti umani fondamentali, come quello alla salute.

Migliaia e migliaia di persone che in questi giorni hanno firmato e hanno creduto nella necessità di battersi per difendere il loro Ospedale non possono e non vogliono essere offesi da una politica miope e incurante della realtà.

Scendiamo in piazza perchè siamo anche consapevoli della necessità di riordinare la sanità, ma siamo assolutamente contrari a farla a spese di una utenza tanto numerosa e a spese di un ospedale che ha tutte le ragioni non solo di continuare ad esistere ma di essere potenziato e migliorato.

Tutti insieme, allora, a far sentire il nostro pacifico ma fermo dissenso, a difendere la dignità, ricordandoci che, pur nelle diverse visioni e strategie:

- Il bene comune è un concetto, ma anche un agire, positivo, attivo, che coinvolge la

responsabilità di tutti, da cui nessuno si può sentire escluso o chiamare fuori. Le ricorrenti

tentazioni, soprattutto in questo periodo, dell’antipolitica, non sono giustificate, pur in presenza

di un crescente disagio sociale a cui troppo spesso non viene data risposta.

- Affermare che il bene comune è responsabilità di ciascuno, significa considerarlo non solo un dovere ma anche un diritto. Sarebbe illusorio, e anche pericoloso, pensare che ogni persona che è chiamata a dare il proprio contributo per il bene della società, non porti con sé, e non metta a disposizione di tutti, il frutto della propria riflessione, dei valori, degli ideali.

- Ogni scelta in direzione del bene comune è importante non solo per la sua efficacia concreta, ma soprattutto per la sua valenza e il suo ruolo educativo.

  • Il confronto democratico mette nel conto la non comprensione e non condivisione di alcuni percorsi o di alcune scelte: questo però non significa la rinuncia a continuare a sostenere il bene comune. La fatica della democrazia non si supera e non si aggira attraverso lo scontro tra gruppi rinchiusi nella cittadella delle proprie idee, e non aperti al confronto con le ragioni dell’altro.


A questo proposito è importante comprendere il senso del dialogo che, oggi, rischia spesso di

essere o un parlarsi senza ascoltarsi o un accettare qualunque cosa in nome di una tolleranza

indifferente. Proporre il dialogo come dono, come metodo per la ricerca del bene comune è un

impegno che dovrebbe essere assunto da tutti.

- Nel cammino verso il bene comune bisogna esercitare anche il discernimento e il sacrificio, che ci permettono di considerare e vivere la prudenza nella ricerca del bene comune non come atteggiamento rinunciatario ma come fatica che, avendo a cuore l’amore per ogni uomo, sa comprendere e scegliere oggi le vie più adatte, rispettando i tempi di ognuno e mettendo nel conto le incomprensioni e le critiche ingenerose, dettate spesso dalla fretta e dalla mancanza di attenzione universale.

Un invito significativo che può valere per tutti, al di là della “motivazione religiosa”, è quello di DomHelder Camara, vescovo di Recife in Brasile, che negli anni ’60 e ’70 ha richiamato in modo pressante l’Occidente progredito a interrogarsi sulla qualità e sul significato dello sviluppo, sociale e economico, perché fosse “giusto”per l’uomo, per ogni uomo:

“Benedetto sia tu, Padre per la sete che ci fai sentire; per i piani coraggiosi che ci ispiri; per la fiamma – e sei tu stesso - che arde in noi…

Cosa importa che la sete rimanga in gran parte bruciante? (guai a quelli che non hanno più sete!)

Cosa importa che i progetti rimangano di più sulla carta di quanto passino nella realtà?

Chi meglio di te sa che il risultato non dipende da noi e che tu ci chiedi soltanto un massimo di abbandono e di buona volontà?”

Cristoforo Cappetta

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