Attualita'

Agropoli, storia di sfollati della Prima Guerra Mondiale


Storia di sfollati durante la Prima Guerra Mondiale: Ottobre 1917, siamo nell’ultimo anno di guerra, del Primo conflitto Mondiale. La popolazione in molte città civile viene sfollata. Donne, vecchi e bambini vengono a forza messi su un treno e spediti per una destinazione che nemmeno loro conoscono. Carri merci, puzzolenti locomotive a vapore, binari spesso sconnessi, carrozze traballanti, senza i minimi servizi e l’essenziale assistenza, portano verso zone più sicure questi civili per sottrarli alla barbarie di una guerra che costò, e non solo all’Italia, un numero spaventoso di morti e mutilati. Senza tanti complimenti questi sfollati vengono fatti scendere in varie stazioni ferroviarie del sud. Alla stazione di Agropoli, proveniente da oltre mille kilometri, per la precisione da Caneva di Tolmezzo, in provincia di Udine, scende anche una bambina di cinque anni, Mary Francescatto, nata per l’esattezza l’8 di aprile del 1902, assieme a quattro fratelli ed alla maestrina del paese che li accompagnava. Quasi un secolo fa questa quattro bambini e la loro maestrina furono accolti fraternamente nello stesso stabile di Via Patella n. 48, dalla signora Annina Angrisani, che li accudì con amorevole cura per tutto il tempo che restarono ospiti di Agropoli. “In quel paese - racconta Mary Francescatto - che si chiama Agropoli io ho dei cari amici che considero fratelli. Lo sono dal 1917 quando noi, poveri profughi ed ancora bambini, separati nel caotico viaggio dai nostri genitori, ci ritrovammo soli con una parente, una giovane maestrina. Così, dal nostro Friuli, dopo un travagliato viaggio, arrivammo in quel paese del Sud, e qui vidi per la prima volta il mare, ne aspirai il profumo assieme a quello dei fiori d’arancio, dei mandorli, delle violacciocche che in quell’inverno fiorivano, mentre al Nord, dove erano rimasti i nostri genitori, cadeva la neve. Ad Agropoli era difficile trovare alloggio, ma ci fu una cara persona che ebbe di noi, quattro fratelli e della maestrina, compassione, e ci ospitò a casa sua, che non era molto vasta, perché sei figli aveva già lei: la cara signora Annina. Quando la maestrina ebbe posto di insegnante, fummo affidati quasi totalmente alle cure della buona signora ed il suo cuore era tanto grande da riuscire a farci da mamma. I miei viaggi, fattami adulta, sono stati frequenti ad Agropoli e con me sono venuti marito e figli. Da tempo la signora Annina non c’è più, ma i figli ci sono ancora e ad ogni incontro c’è tanto da ricordare. Per me Agropoli è il paese più bello del mondo, ricordo tutto della mia infanzia, amavo costruivo statuine e palline di creta, cogliere le albicocche, frutto sconosciuto a me, cresciuta fra le montagne, ma di cui conservo ancora il sapore, così come non ho mai dimenticato quello dei fichi imbottiti di mandorle, che con tanto amore ci preparava la signora Annina. Ed ancora oggi, quando torno ad Agropoli, mi tornano in mente tanti eventi di quel passato: scendo alla spiaggia di fine arena, mi rivedo bambina a giocare fra le capanne costruite su palafitte e buttarmi in acqua dalla pedana sospesa sul mare che girava attorno a quelle semplici costruzioni. Risalgo il sentiero che porta alla selva che non è più quella di un tempo: le villette hanno preso il posto ai carrubi ed agli ulivi che rivestivano la collina col loro argenteo fogliame. Vado a ritroso nel tempo, sogno ad occhi aperti: per me nulla è cambiato, questo è il mio bosco incantato. Siedo ai piedi del carrubo della mia infanzia, dall’enorme tronco contorto nelle cui cavità noi bambini amavamo guardare i ragni tessere la tela. La sera scende dolcemente, le lunghe ombre creano un’atmosfera irreale, nel mondo di pace nei suoi profondi silenzi. Sotto, l’ampio respiro del mare che infrange le sue onde sugli scogli ove la leggenda vuole approdasse San Francesco. La brezza della sera agita le fronde, lontano si accendono le prime luci che disegnano l’ampia curva del mare. S’intravedono il faro, la torre di San Marco, il turrito castello che domina il borgo antico arroccato sulla rupe con le case così strette l’una all’altra che pare si aiutino vicendevolmente a reggersi e, più lontano, la piana di Paestum ed i templi”.

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