Cultura

Acciaroli: antichi reperti riportati alla luce dall'ultima mareggiata

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La recente mareggiata ha eroso notevolmente la costa nei pressi di Acciaroli, in località San Primo, per una profondità di almeno 70 cm, facendo emergere il banco di scogli che, in condizioni di tempo metereologico stabile, resta sommerso dalla sabbia. A renderlo noto sono gli esperti del museo "Eleousa" di San Mauro Cilento.

A parte i numerosi fori circolari di diametro dai 20 ai 30 cm, molto simili agli altri sulla scogliera più a sud (che sappiamo servivano per la salagione delle acciughe e per il prelievo del sale), se ne evidenziano diversi di maggiori dimensioni (fino a oltre 50 cm di diametro) che si affiancano ad altri di forma rettangolare, quasi forme in negativo di possibili blocchi estratti in epoca al momento non precisabile. Numerosi residui ferrosi (che richiamano la forma di grossi chiodi o di tiranti) lunghi fino a 25 cm appaiono sparsi negli anfratti della roccia. La località era nota nel medioevo per una chiesa (Sancti Primi de Caninclo, documentata già nel 994) e per l’omonimo porto (documentato a partire dal 1073), possessi ambedue prima del monastero di San Magno e poi della Badia di Cava. Ma sulla vicina lingua di terra dove oggi sorge la chiesa parrocchiale di Acciaroli, nel 1970, durante i lavori di ristrutturazione di questa, emersero pezzi di colonne e alcuni capitelli con le volute tipo ionico ed altri con foglie d’acanto in rilievo tipiche delle lavorazioni della prima epoca normanna. Se i primi possono ascriversi ad un possibile vicus maritmus di media età imperiale, verosimilmente le altre vanno ascritte alla primitiva chiesa di Sancta Maria de Lacciarulo documentata a partire dal 1183. Asservito a queste strutture doveva essere il piccolo porto naturale volgente a mezzogiorno ricavato fra gli scogli che, prima della costruzione dell’attuale porto, emergevano notevolmente e chiudevano la breve insenatura, quasi un prolungamento della punta di terra dove alla fine del XII secolo sorse la torre normanna. A nord invece altra piccola insenatura, significativamente detta nel linguaggio popolare “Porto di Mezzo”, è ancora oggi ben individuabile; vi si ancoravano le piccole imbarcazioni ancora negli anni Cinquanta prima della costruzione del nuovo porto. I termini “Porto di mezzo” lasciano intendere un terzo riparo, sito verso nord-ovest e che potrebbe corrispondere alla breve insenatura sita all’inizio della spiaggia grande delle Taverne, forse asservito appunto alle Taverne documentate ampiamente a partire dal XVII secolo. Il resto dell’ampio e lungo arenile che si stende verso nord-ovest alla volta del territorio del Comune di San Mauro Cilento e termina in località Mezzatorre, con ogni probabilità rappresentava lo scariu di questi ripari portuali, vale a dire lì dove durante i mesi invernali, quando non si navigava, venivano tirate in secco le barche anche per effettuare le necessarie riparazioni. Il litorale sabbioso doveva essere notevolmente più largo rispetto ad oggi considerando il bradisismo positivo ancora in atto. Dal momento che nel 1187 viene definito, nell’ambito delle pertinenze dalla badia di Cava, il tenimento di San Primo, che andava dalla località oggi detta di Mezzatorre alla chiesa di Santa Maria de Lacciarulo, quando nei documenti si parla di chiesa e porto di San Primo è possibile che si ci riferisca a questa fascia costiera (lunga poco più di un km) che dava il senso al breve territorio come tenimento autonomo appunto per la possibilità di attracco a barche anche di grosse dimensioni. Del villaggio di San Primo e dell’altro attiguo detto Maritima (documentato dal 1186, possesso dominicale dei Sanseverino) si sa che furono distrutti durante la Guerra del Vespro (1282-1302) e non risorsero mai più. Secondo una leggenda, i profughi di San Primo fondarono Cannicchio. Nella località (nei pressi di Villa Sarina) vi erano alcuni ruderi della supposta chiesa (la base di un’abside semicircolare) e vicino all’attuale Torre dei Salurso si notano ancora i resti di una sorgente captata in una fontana ricavata in un anfratto definito in muratura antica che la costruzione del ponte della provinciale (1898) e l’abbandono endemico ormai hanno nascosto quasi del tutto alla vista. Il porto, la chiesa, la sorgente, l’altissima produttività del suolo, i due villaggi medievali, il vicus maritimus di età imperiale, la salagione delle acciughe, il prelievo del “sal marinello” (G. Antonini) ed altre peculiarità del luogo rendono il sito di estremo interesse archeologico, tutto ancora da studiare.

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