Cilento

Agropoli: i briganti e l’oro dell’Immacolata Concezione

Storia vera tratta dai carteggi della famiglia Troisi, una delle più antiche famiglie di Agropoli.

Ernesto Apicella

8 Dicembre 2021

Questa è una storia vera tratta dai carteggi della famiglia Troisi, una delle più antiche famiglie di Agropoli. Già nel lontano 1400 è menzionato un Tommaso Troisi, che si stabilì in Agropoli come “Miles”, per presidiare il Castello e difenderlo dagli assalti barbareschi.

Dal 1600, i discendenti della famiglia Troisi divennero uomini di mare, con l’ereditarietà, concessa dal Re, della nomina di “Ufficiale di Marina”. Tra loro, Paolo, Sabato e Nicola. Francesco, fu Ufficiale di Marina e Decurione del Comune di Agropoli.

La nostra storia ha come protagonista suo figlio, Fortunato Troisi (1813-1893), Cancelliere al Comune di Agropoli, nonché Deputato di Salute Pubblica e Ufficiale della Guardia Nazionale Italiana. Si sposò con la nobil donna, Maria Gaetana Caruso di Roccadaspide. Dal loro matrimonio nacquero Pasquale, Consigliere di Cassazione; Carmine, Farmacista e Sindaco di Agropoli (15 ottobre 1887 – 27 luglio 1902);  Nicola, Ufficiale Postale.

Nella seconda metà del 1800, nelle nostre campagne imperversava il brigantaggio, chiamato post-unitario. Atti di estorsione e di rapimenti si susseguivano costantemente. Le vittime dei briganti erano i nobili, i benestanti e i preti. Fortunato Troisi, benestante agropolese, essendo Ufficiale della Guardia Nazionale Italiana, corpo del Regno d’Italia nato per contrastare e per reprimere il brigantaggio post-unitario, si rese subito conto di essere pedinato, per cui quando si recava in un suo podere sito in contrada Muoio, si faceva accompagnare da due corpulenti contadini e si armava con il fucile.

Ma, il 23 settembre 1864, prima del tramonto, tre briganti entrarono di prepotenza nel suo podere e armi alla mano, gli intimarono di seguirlo insieme ad un contadino. Mentre all’altro, sotto la minaccia di una pistola, gli fu ordinato di portare alla moglie di Fortunato, Donna Maria Gaetana i termini del riscatto e di non proferire alcuna parola, né con i Carabinieri né con altre persone.

I due ostaggi furono trascinati, in malo modo, nelle macchie di Monte Tresino, tra Agropoli e Castellabate, nelle terre del Principe Belmonte. Don Fortunato veniva spostato continuamente da rifugio a rifugio e le sue condizioni fisiche erano pietose e allo stremo. Le nottate le trascorreva all’addiaccio, barba lunga, abito logoro e sporco, scarpe rotte e maleodoranti. In quel periodo nella zona tra Agropoli, Castellabate, Torchiara, Prignano e dintorni, operava la banda del brigante di Copersito Cilento, Giuseppe Proto, soprannominato “Benigno”.

I suoi fedeli compagni erano Rocco Petrillo di S.Giovanni a Piro e Beniamino Russo, un calabrese trapiantato nel Cilento. Pur non avendo la certezza, essendo l’unica della zona ricercata e menzionata dai rapporti dei Carabinieri Reali, probabilmente fu la banda che rapì il Troisi. Dopo qualche giorno dal rapimento, fu liberato l’altro contadino con il compito di ritirare il riscatto e riportarlo in un posto prestabilito, per la consegna del bottino e la liberazione di Don Fortunato. Donna Maria Gaetana aveva racimolato tutto ciò che di prezioso aveva in casa, denaro, gioielli ed argenteria di famiglia, e lo consegnò al contadino.

Questi di corsa si portò nel posto concordato, consegnando il riscatto richiesto ai briganti. Ma i banditi, alzarono la posta e dopo aver trattenuto il bottino, rimandarono il contadino da Donna Maria Gaetana con la richiesta di altri denari. La povera donna, a questa richiesta, non sapeva come rispondere, né tantomeno a chi rivolgersi per liberare il marito.

La Famiglia Troisi aveva lo ius patronatus di una cappella nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Agropoli. Nella visita pastorale del 1875, tenuta dal Vescovo Mons. Siciliani, essa è descritta come nicchia, con una mensa in marmo e statua dell’Immacolata Concezione. La famiglia Troisi era molto devota all’Immacolata ed ogni anno, l’8 dicembre, Le dedicava delle solenni celebrazioni. Le donne della famiglia, alle prime luci dell’alba, si recavano nella cappella ed oltre a vestire la Madonna con un nuovo manto, pulivano e lucidavano i gioielli, a Lei donati dalla famiglia Troisi per grazie ricevute.

Ma ritorniamo alla nostra storia. Donna Maria Gaetana, pur di salvare il marito, andò in Chiesa, prese l’oro dell’Immacolata Concezione e lo inviò ai Briganti. Il contadino ritornò dai banditi, timoroso e tremante, riferì che non c’era nient’altro in casa, se non l’oro dell’Immacolata Concezione, presente nella cappella della Famiglia Troisi.

Stava per consegnarlo, quando il capo dei briganti indietreggiando, si fece il segno della croce ed iniziò a recitare l’Ave Maria. Poi di scatto, afferrò per la giacca Fortunato Troisi e lo spinse verso il contadino, gridando con voce roca e potente: “Don Fortunà, iativinni e teniteve l’oro ra Maronna. Nui non simo sciaurati, nui arrubbamo pe fame”. Facendosi di nuovo il segno della croce, si allontanò di corsa con i due compagni, perdendosi nella macchia mediterranea di monte Tresino. Don Fortunato ritornò a casa e, tra le braccia della moglie, confessò di aver subito dai briganti un pessimo trattamento, certamente il peggiore della sua vita.

I briganti avevano sicuramente dei manutengoli, cioè coloro che li fiancheggiavano, tra gli abitanti del borgo di Agropoli, giacché un fratello di Fortunato Troisi, una delle domeniche successive al rapimento, nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, riconobbe ai lobi di una donna, che era assorta nella preghiera, gli orecchini d’oro della cognata.

Dopo quel tragico rapimento, le fortune della famiglia Troisi iniziarono ad avere un rapido decadimento. Infatti, a causa di un incendio si ebbe la distruzione di numerosi vigneti, di estese piantagioni di frutta e di un cascinale. Nel 1930, la cappella dei Troisi fu demolita da Don Enrico Castelli, per costruire la navata sinistra della Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, e dell’antica statua dell’Immacolata Concezione si persero le tracce. Si narra che un figlio di Fortunato, Nicola, padre di Gaetana, Sindaco di Agropoli (15 Ottobre 1968 – 11 giugno 1970), animalista, ambientalista e uomo di profonda fede religiosa, per la distruzione della cappella di famiglia, dopo qualche tempo, morì di infarto.

Bibliografia

“Agropoli nel dintorni” di Carmine Troisi, 1978;

“ La lunga notte dei Briganti” di Domenico Chieffallo. Ed. Centro Promozione Culturale, 2012.

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