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Viaggio nella storia: come giocavano i bambini cilentani

Viaggio nella storia: come giocavano i bambini cilentani

A cura di Cinzia Sapienza
Pubblicato il 20 Febbraio 2017
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Settimana, nascondino e altri giochi: come si divertivano da piccoli i nostri nonni

I bambini, una volta, erano molto più dediti ai giochi di gruppo e all’aria aperta, che soprattutto sviluppavano la fantasia di ognuno per le difficoltà con cui venivano svolti. I giochi più frequenti erano la settimana, quello della campana, il gioco col pallone e, per le bambine, quello dei “pupacchi ri pezza”. Oltre a questi, si giocava poi al cerchio, con l’altalena, e a nascondino (“mucciacuvo”); inoltre esistevano il gioco dei bottoni, del fazzoletto, e il cosiddetto lancio delle “stracce”.

Il gioco della settimana consisteva nella raffigurazione in terra di uno spazio suddiviso in quadrati, che bisognava percorrere con un solo piede avendo in mano o in testa una pietra. Era un gioco prevalentemente di abilità fisica che si chiamava così per via del fatto che i quadrati raffigurati a terra dovevano essere percorsi, a volte secondo un percorso zigzagato, seguendo la numerazione da 1 a 7. Per quanto riguarda il gioco del pallone, i ragazzini usavano un pallone fatto con dei ritagli di stoffa di lana infilati con forza in una calza, che alla fine veniva cucita e pronta per essere usata come pallone (il pallone di cuoio era una cosa ancora remota da realizzarsi). I bambini, poi, giocavano a calcio coi piedi scalzi.

I “pupacchi ri pezza” con cui giocavano le bambine, invece, erano veri e propri pupazzi (da cui “pupacchi”) fatti con ritagli di stoffa inutilizzata (“ri pezza”).

Il gioco del cerchio consisteva nello spingere un cerchio di una bicicletta con un legno, cercando di fargli fare un percorso lineare, mentre quello del bottone nel buttare un bottone contro un muro facendo in modo che questo bottone arrivasse il più vicino possibile a quello del compagno.

I passatempi dei bambini, si capisce, erano giochi dettati esclusivamente dalla fantasia, dalla voglia di trovare un modo per divertirsi con quello che si possedeva, e frutto delle stentate condizioni di vita in cui si viveva; tuttavia, essi erano pur sempre un buon modo per socializzare.

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