Il 18 settembre 2008 si spegneva a Roma Leo de Berardinis, figura centrale del teatro italiano del Novecento. Nato il 3 gennaio 1940 a Gioi, nel cuore del Cilento, è ancora oggi ricordato con profondo affetto nella sua terra d’origine. A lui è intitolato l’auditorium del Comune di Vallo della Lucania, segno tangibile della memoria che il territorio conserva.
Una vita dedicata al teatro
La sua carriera teatrale ebbe inizio già a vent’anni, in ambito sperimentale, accanto a Carlo Quartucci. Successivamente, instaurò una intensa collaborazione con Perla Peragallo, con cui condivise progetti innovativi e una celebre rilettura di Don Chisciotte, firmata insieme a Carmelo Bene.
Con Peragallo fondò il Teatro di Marigliano, laboratorio creativo da cui nacquero opere di svolta come King lacreme Lear napulitane, Sudd, Chianto ‘e risate e risate ‘e chianto, fino al visionario XXXIII Paradiso. Il suo percorso artistico toccò autori come Edgar Allan Poe e si aprì anche alla comicità popolare, reinterpretando lo sketch del “wagon lit” di Totò e incarnando figure come Buster Keaton, Majakovskij, Petrolini e Viviani.
Nel 1994 assunse la direzione del Teatro San Leonardo di Bologna, mentre nel 1996 fu alla guida del Teatro Verdi di Salerno. Dal 1994 al 1997 ricoprì inoltre il ruolo di direttore artistico del Festival del Teatro di Sant’Arcangelo di Romagna, contribuendo alla sua crescita e al suo prestigio.
Gli ultimi anni
La sua attività si interruppe bruscamente il 16 giugno 2001, in seguito a un episodio di sospetta malasanità: un’anestesia rivelatasi fatale durante un intervento di chirurgia estetica presso Villa Torri di Bologna lo ridusse in coma irreversibile. Morì a Roma il 18 settembre, all’età di 68 anni, assistito dalla sorella Annamaria.
Pochi mesi prima della sua scomparsa, il 18 luglio 2008, gli era stato conferito il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli, con una motivazione redatta personalmente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.