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Omicidio Vassallo, La Fondazione: “Angelo è stato ucciso perché contrastava la criminalità organizzata”

Il Presidente e Vicepresidente della Fondazione Vassallo: “Scoperto un importante traffico di droga ed era rimasto solo”

A cura di Ernesto Rocco Pubblicato il 6 Marzo 2023
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Dario Vassallo

“C’è una responsabilità malavitosa, delinquenziale, camorristica e una responsabilità politica e questo è documentata dal fatto che sia in vita che dopo la morte prima hanno ostacolato Angelo e poi hanno ostacolato il percorso della Fondazione, che non era un percorso strano, bensì volto a cercare la verità su chi avesse ucciso il sindaco, dunque su chi avesse ucciso lo Stato”. A dirlo sono Dario Vassallo e Massimo Vassallo fratelli di Angelo Vassallo, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Fondazione intitolata al Sindaco Pescatore. Le loro parole arrivanoa commento della chiusura dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie.

InfoCilento - Canale 79

«Dalla relazione ciò che denunciamo da anni»

La relazione redatta dalla Commissione Antimafia è molto chiara perché afferma quello che noi denunciamo da anni: “Angelo Vassallo aveva scoperto e contrastato il traffico di droga nel porto di Acciaroli, che era utilizzato come approdo della droga da smerciare nel territorio del Cilento e oltre”. Inoltre “Solo grazie ad una parte delle istituzioni che ha continuato ad indagare, anche laddove sembrava insperabile, si può arrivare alla scoperta della verità. E, determinante, è stata l’incessante opera di una parte della famiglia che cerca in tutti i modi di mantenere desta l’attenzione sull’opera, sulla storia personale e sulla morte di Angelo Vassallo”.

“Insieme a migliaia di persone che hanno aderito alla Fondazione Angelo Vassallo, abbiamo sempre cercato la verità, ma quella vera, perché sappiamo bene come vanno le cose in questo Paese e in questi 12 anni siamo stati sempre vigili e attenti su quello che accadeva, perché, come sempre abbiamo detto, per cercare la verità sull’uccisione di Angelo, bisogna uscire dal Cilento e andare oltre. Noi l’abbiamo fatto, mentre altri dicevano: ma chi te lo fa fare, è successo. Questi stolti non hanno mai capito il significato dell’uccisione di Angelo“, proseguono dalla Fondazione.

I depistaggi

E concludono. “La domanda da porsi è: l’altra parte cosa faceva? Ormai è chiaro a tutti che alcuni uomini delle istituzioni quella notte e i giorni a seguire hanno messo in atto un’azione di depistaggio. Il reato di depistaggio è regolato dall’articolo 375 del Codice Penale e prevede dai 3 agli 8 anni di reclusione. Speriamo che non si arrivi al ridicolo e, si parli di prescrizione di questo reato, perché se è stato commesso da uomini dello Stato, è infamante”.

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