“Dalla culla alla Cadillac in men che non si dica”, il messaggio del sindaco di Buonabitacolo, Giancarlo Guercio

Redazione Infocilento
Giancarlo Guercio

Riceviamo e pubblichiamo, di seguito, una riflessione del sindaco di Buonabitacolo, Giancarlo Guercio, su quanto sta accadendo in questi giorni nel Vallo di Diano, in seguito al provvedimento di chiusura del punto nascita di Polla.

Quanto sta avvenendo in questi giorni, a proposito della chiusura del punto nascite degli ospedali di Polla e di Sapri impone una riflessione. Le questioni sono molteplici e piuttosto articolate, ma vanno seriamente affrontate. Partono da una domanda: “Che vogliamo fare?”.

C’è da chiederselo se siamo amministratori e politici onesti e giudiziosi, c’è da chiederselo se siamo cittadini consapevoli, c’è da chiederselo se siamo operatori sanitari di coscienza. Che vogliamo fare?, in riferimento ai diritti universali della persona, in merito al destino di un territorio, in funzione dei nostri rispettivi mandati.

Gli incontri che si sono susseguiti durante le ultime ore, mentre da un lato mostrano una certa coesione tra amministratori locali, parti attive della società, cittadini impegnati e indignati per le scelte scellerate di chiudere finanche i reparti ospedalieri, da un altro ci hanno fatto trovare di fronte a un balzello inconcludente che tendeva – come sovente avviene in questi casi – a scaricare il barile su presunti terzi. Ma c’è un principio che va considerato: si chiama responsabilità.

E al senso di responsabilità mi riferisco per sviluppare queste considerazioni. Durante l’incontro di Polla ho voluto infatti porre la questione usando un termine che ha urtato la suscettibilità di qualche rappresentante regionale: “FALLIMENTO”. Perché di questo si tratta.

Da sindaco mi metto nella condizione di chi vede cessare l’attività di un reparto ospedaliero, tra l’altro significativo anche per semantica: il PUNTO NASCITE, gesto che figurativamente significa: “Qui non si nasce più”, “Qui non c’è futuro”, “Qui gradualmente dobbiamo solo morire”. O andarcene.

E con quale faccia guardo i volti dei miei concittadini, delle donne e degli uomini di questo territorio? Ho fallito, come cittadino impegnato, come sindaco, come politico. Non posso usare altri termini. Ho fallito e ne devo prendere atto. soprattutto se la mia azione, il mio impegno tende a sostenere programmi come Strategie aree interne, coesione territoriale, piccoli borghi, e quant’altro. Chiacchiere. Perché se non ho la capacità di difendere un presidio ospedaliero faccio solo chiacchiere, e lo dico convintamente perché ho in me quelli che risultano soltanto un refuso romantico: si chiamano princìpi. Io ho un’etica. Non ci posso fare niente, la sento viva e palpabile in me. Compone la mia coscienza e non so prescindere da essa. “E vuoi fare politica?”, mi chiede qualche caro e affettuoso amico? Si, voglio e devo fare politica, ne ho l’obbligo, perché condivido i dettami di quella politeia aristotelica che qualche secolo fa creò la civiltà di cui godiamo i frutti e che così maldestramente oggi oltraggiamo. Perché di oltraggio si tratta. La degenerazione valoriale che è sotto gli occhi di tutti ci deve far tornare alla domanda da cui sono partito: “Che vogliamo fare?”. Se in questo territorio vogliamo viverci e viverci bene, ognuno è chiamato a fare la sua parte, con l’impegno fattivo e concreto, anche per scuotere un sistema che ancora pensa di fare politica alla Achille Lauro, quel sindaco di Napoli che prima ti dava una scarpa e dopo le elezioni, se lo avevi votato, ti regalava l’altra scarpa. Qualcuno dei nostri rappresentanti ancora pensa che la politica funzioni così. Malfattori!

Si abbia coscienza di quelle che sono le reali esigenze di questa terra, dei suoi abitatori, si agisca innanzitutto in virtù di quelli che sono i diritti sacrosanti della persona: stiamo parlando della salute, della vita delle persone, delle cure dei malati. Signori, cerchiamo di essere seri e diciamoci le cose come stanno: il problema non è un reparto. Domani sarà un altro reparto, poi una scuola, poi un intero ospedale, poi una infrastruttura importante. Il problema è l’atteggiamento di una certa politica incapace di rispondere con serietà alle prerogative e alle necessità di un territorio. C’è un sistema da rifondare, da rianimare, da ravvivare, e questa azione va fatta partendo dai principi costitutivi, dai diritti universali della persona, dalla capacità di promuovere una intera programmazione, veramente strategica e seria, valida per tutto il territorio comprensoriale e non per un singolo campanile. Altrimenti siamo finiti. Altrimenti dobbiamo avere il coraggio di dire ai nostri concittadini, soprattutto a quelli più giovani: andatevene! Scappatevene da questa valle di lacrime, di malattia, di dolore, di annullamento dei diritti fondamentali della persona e alimentate le vostre speranze altrove.

Il “problema” del punto nascite, a quanto pare, è già risolto! Lo ha riferito un esponente della Regione e di questo siamo felici. Ci ritroveremo tutti insieme tra dieci giorni ad acclamare il Politico di turno che arrivando nel Vallo in Cadillac getterà i dollari agli astanti plaudenti. E continueremo a nascere e a morire come da sempre avviene. Va fatto un esame. Tutti, ognuno per la sua parte. Ci dobbiamo chiedere che cittadini vogliamo essere, a quale umanità vogliamo corrispondere. E insieme, con serietà e responsabilità, dobbiamo disegnare il destino nostro e di questo territorio.

Accoratamente, Giancarlo Guercio

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