San Teodoro, dalle colline “un triangolo di mare”: tra “acchiappasogni” e “scacciaguai”

Giuseppe Conte

“Se ti affacci alla finestra vedi il mare, ti avvolge con i suoi colori ed i suoi rumori che da qui sono silenti suoni.”

Siamo a pochi passi dalla marina di Agnone. Imbocchiamo la Provinciale 167 e dopo qualche km svoltiamo a sinistra: un cartello indica “San Teodoro” (fraz. di Serramezzana). Una manciata di secondi e facciamo ingresso in paese. Sulla destra si scorge l’ex scuola elementare: qui la campanella ha suonato fino all’anno scolastico 1991/1992. Ora la scuola non c’è più, perché i bambini sono pochi. E da anni non c’è più nemmeno l’unico “alimentari” che fino agli anni 80’ garantiva anche l’unico telefono del paese. Proseguiamo ed eccoci nella centralissima “Via Trinità”, l’arteria più importante del paese.

Una prima schiera di case “il Casaletto” come si dicono gli abitanti del posto, annuncia che siamo nei pressi del centro e in un istante ci troviamo nel cuore dell’abitato: uno spiazzo ordinato e pulito ornato da un panello dipinto che ritrae la chiesa parrocchiale e i suoi vicoli. E le stesse immagini trovano subito conferma nello sguardo che, puntando verso il basso, intravede la chiesa. “Via San Giuseppe” conduce al suo ingresso. È questa la parte più vecchia di San Teodoro. La storia di questo luogo è secolare e le sue origini dovrebbero risalire a non più tardi del XII secolo, quando l’antico “Casalis Santi Todari” inizia ad ascriversi tra le terre del Cilento. L’andamento demografico non ha subito notevoli discrepanze nel tempo, arrivando nei punti di massima a poco più di 100 abitanti.

I rintocchi della campana – non più a corda – ci invitano a raggiungere la parrocchiale. Ci appare meravigliosa tra le costruzioni che formano il piccolo centro storico. La pietra è l’elemento principale, intaccata solo dalle insidie del tempo e da qualche accorgimento per conservarne l’integrità. Il portale in legno ci ricorda il passato così come il delizioso campanile che nella sua semplicità richiama tipicità architettoniche rustiche, che ben hanno convissuto con la quotidianità rurale che ha caratterizzato questi posti. La chiesa, al suo interno, ancora una volta ricorda la genuinità del luogo. La navata principale è contornata da alcuni altari in marmo sui quali trovano spazio le nicchie e le loro statue. Al centro, in alto, è la piccola statua del patrono: San Teodoro Martire che viene festeggiato il 9 Novembre. Tra le altre, San Giuseppe, che avrà rivestito un ruolo importante nella fede locale, tanto da essere presente anche nella toponomastica.

Ci resta poco da vedere, la visita a San Teodoro è breve! Oltre la chiesa, una gradinata sormontata dai vani delle abitazioni che un po’ fa pensare ad una volta di copertura (lamie) che, spesso sormontavano vie di dominio pubblico necessarie per permettere l’accesso alle abitazioni più interne, o, come in questo caso, di raggiungere gli appezzamenti di terreno. Oltre il Rio Lavis si vede Capograssi altra piccola frazione del Comune di Serramezzana, con i resti di un maestoso mulino ad acqua, la chiesa di Santa Maria delle Grazie e, dopo un po’ di strada la piccola cappella di San Nicola annessa all’antico cimitero.

Ritornando sulla via centrale, ci intratteniamo per una ulteriore piacevole chiacchierata con Rosa Squillaro, che ci ha fatto da guida in questo viaggio. Spostiamo l’attenzione sulla quotidianità di San Teodoro oggi. Rosa, classe 1977, è nata in questo posto e qui vuole vivere. Come tanti giovani del territorio, non è riuscita negli anni a trovare una occupazione solida, un lavoro stabile. Il Cilento, si sa, ha le sue bellezze ma anche i suoi lati amari. Una Laurea in Scienze Politiche e ad un certo punto decide di lasciare la sua terra. Qualche anno al Nord ma il suo desiderio è quello di ritornare nel suo paese di origine e così fa. Vince l’amore per le proprie radici. Affacciata alla finestra da cui si vede “quel triangolo di mare”, pensa al suo avvenire. E appena possibile scende a passeggiare sulla spiaggia tra Agnone ed Acciaroli. Raccoglie ciottoli, conchiglie, legnetti e tutto ciò che il mare restituisce dopo aver levigato. Ad essi unisce qualche foglia e qualche “souvenir” delle sue campagne e soprattutto tanta fantasia: nascono così i suoi “Tesori del Cilento”. Con una buona dose di creatività ecco “scacciaguai sonanti”, “acchiappasogni”, portaoggetti, fermacarte e tutto quello che la mente le porta a realizzare, senza alterare il delicato lavoro della natura.

Un esempio da seguire, un modo per rimanere e quando il vento ti accarezza e il silenzio ti avvolge, capisci che basta poco per amare questa terra…

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