San Martino, il culto e il mondo contadino

Giuseppe Conte
San Martino

L’11 Novembre ricorre la festività di San Martino, riconosciuto come San Martino di Tours, città di cui viene eletto Vescovo nel 371.

Ad esso si è legata la “leggenda del mantello”, evento che determina la conversione del Santo al cristianesimo. Arruolato nell’esercito romano, si narra che in una gelida notte incontrò un mendicante seminudo a cui donò parte del suo mantello per ripararsi. La notte seguente gli apparve in sogno Gesù che diceva agli angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Al risveglio il mantello era ritornato integro. Questa circostanza cambia radicalmente la vita del militare e dopo aver lasciato l’esercito diventa monaco; successivamente viene proclamato Vescovo.
Il culto di San Martino è presente nel Cilento con l’intitolazione di alcune parrocchie come a Cannicchio (Pollica) o alla frazione di Laureana Cilento che ne porta anche il nome: San Martino. Oltre i confini storici, invece, è protettore a Massascusa (Ceraso), contitolare con San Felice. Allo stato attuale si evince un’apparente pochezza sulla diffusione del suo culto. In realtà, il toponimo “San Martino”, presente in diverse località, lascia presagire un legame più radicale in passato. Ciò è giustificato anche dalla presenza di ulteriori altari dedicati al soldato romano esistiti in altre comunità. Tuttavia, la sua presenza nella toponomastica è un richiamo correlato alla tradizione contadina.
“A San Martino ogni mosto è vino” recita il noto proverbio, essendo questo il periodo in cui si porta in tavola il primo vino dell’annata. Inoltre, l’11 Novembre, come altre ricorrenze dell’anno, rappresenta una data strettamente legata al mondo contadino: segnava la fine della “stagione produttiva”. E proprio in occasione di questa ricorrenza si rinnovavano i “contratti agricoli annuali”. L’autunno, in questo periodo, incomincia ad assumere caratteristiche simili all’inverno ed ha rappresentato, dunque, un punto fondamentale nel “calendario rurale”. È noto che le stagioni meteorologiche non seguono il calendario astronomico e quasi mai la scansione del ciclo delle stesse è un riferimento per il ciclo produttivo: dalla semina alla raccolta, le colture erano inquadrate in specifiche ricorrenze scandite durante l’anno, date che sostanzialmente venivano individuate in altrettante festività religiose. Sempre nel periodo in cui ricade San Martino, quando le gelate lasciano spazio a qualche giornata di clima mite, si parla di “Estate di San Martino” per identificare lo spazio che intercorre tra il caldo estivo che è ormai sfumato quasi del tutto e le prime fredde giornate invernali.

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