5 Aprile: San Vincenzo Ferreri, patrono di Camerota

Concepita Sica

La diffusione della fama di San Vincenzo è legata principalmente ai numerosissimi prodigi ottenuti per sua intercessione. È l’unico caso al mondo in cui il processo di canonizzazione è avvenuto col riconoscimento di oltre ottanta miracoli e con migliaia di testimonianze. La sua fama di taumaturgo è diffusa al punto che i suoi agiografi scrivono: “Era un miracolo quando non faceva miracoli”.

La storia

San Vincenzo Ferreri (nella denominazione italiana),Vincent o Vicent Ferrer, nasce a Valencia (Spagna) il 23 gennaio 1350, da Guglielmo Ferreri e Costanza Miguel, famiglia di nobile casata, vicina alla casa reale di Barcellona. Prima ancora della nascita la madre ricevedei segni che le annunciano la grandezza del figlio; ecosì ella lo cresce e lo educa come un dono speciale di Dio.

Dotato di grande intelligenza egli compie, con largoprofitto, gli studi iniziali a Valencia, poi all’età di diciotto anni decide di seguire la vita religiosa. Il 6 febbraio 1368 entra nell’ordine dei domenicani, detti frati predicatori, per poter realizzare il suo ideale di vita, ossia di portare la Parola di Dio in ogni angolo della terra. 

Prosegue gli studi presso la casa di formazione dei domenicani che si trova a Barcellona poi continua a Lerida ed infine a Tolosa. Per il suo alto ingegno il cardinale Pietro De Luna, legato Pontificio, lo tiene molto a cuore e in diverse occasioni offre a San Vincenzo la possibilità di ricoprire importanti cariche ecclesiastiche, cosa che il Santo puntualmente rifiuta. 

Nel marzo 1378 muore Papa Gregorio XI, il pontefice ritornato a Roma dopo il periodo avignonese, e nella Città Eterna scoppiano tumulti per la pressante richiesta del popolo di “un papa romanoo almeno italiano”. Icardinali, in maggioranza francesi, negli attimi di concitazione e di paura eleggono il napoletano Bartolomeo Prignano che prende il nome di Urbano VI. Ma il neo pontefice si scontra sin da subito con i suoi elettori e così questi, nel mese di settembre dello stesso anno, procedono all’elezione di un nuovo papa, Roberto di Ginevra, che prende il nome di Clemente VII e portala sua sede ad Avignone. Inizia così lo Scisma d’Occidente che dura trentanove anni e divide in due la cristianità con l’obbedienza al papa di Roma e l’obbedienza al papa di Avignone.

Alla morte di Clemente VII i cardinali francesi eleggono come papa il cardinale aragonese Pero de Luna, che prende il nome di Benedetto XIII. Questi nomina san Vincenzo come suo confessore e consigliere personale.

In seguito ad una visione a partire dal 1395 San Vincenzo si dedica con profondo zelo alla predicazione, improntata prevalentemente sul destino dell’uomo: la morte, il giudizio individuale ed universale, per la quale gli viene attribuito il titolo di “Angelo dell’Apocalisse”.

Si impegna con tutte le energie per comporre lo Scisma. In un primo momento percorre la strada della mediazione tra Gregorio XII e Benedetto XIII, ma,trovandosi di fronte al rifiuto del Papa avignonese, in seguito si adopera per coinvolgere le corone nella ricerca di una soluzione. Pur essendo fra i principali fautori del Concilio di Costanza del 1417, San Vincenzo decide di non partecipare al concilio e di dedicarsi completamente alla predicazione itinerante.

La sua fama è legata proprio alla sua attività di predicatore. San Vincenzo viaggia in lungo e in largo per l’Europa e pur parlando solo il valenciano viene compreso in tutti i Paesi in cui si reca e molti attribuiscono questo fatto all’intervento dello Spirito Santo. Trascorre buona parte della notte in preghiera e digiuna tutti i giorni tranne la domenica. Subisce numerosi attacchi del demonio, a motivo delle sue virtù, ma resiste a tutte le tentazioni con la preghiera e la devozione alla Madonna.

In circa 20 anni di predicazione egli incontra migliaia di persone; molte sono le conversioni che si verificano per il suo annuncio della Parola coniugato alla battuta, a qualche invettiva, a qualche aneddoto divertente, adescrizioni di usanze particolari conosciute nel suo girare.

Muore il 5 aprile 1419 all’età di 69 anni, a Vannes in Bretagna, nella cui cattedrale sono conservate ancora oggi alcune reliquie.

Il culto

San Vincenzo viene canonizzato il 3 giugno 1455, nella chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma ed il culto viene confermato da Pio II con la bolla del 1458. La sua fama si diffonde largamente dopo la sua morte soprattutto per i numerosi prodigi che vengono attribuiti alla sua intercessione. 

È l’unico Santo che viene canonizzato per il riconoscimento di oltre ottanta miracoli, documentati nel processo con migliaia di testimonianze. I suoi agiografi riferiscono che compiva frequenti miracoli, ne compiva a decine al giorno: guarigioni, esorcismi, risurrezioni, conversioni di peccatori, di eretici e di non cristiani.

Nell’iconografia San Vincenzo viene raffigurato sempre con l’abito domenicano, tunica bianca e mantello nero, e la tonsura. Quasi sempre presenta un braccio alzato con l’indice rivolto verso l’alto, che può indicare sia il monito a tenere lo sguardo sulle cose di lassù, sia il riferimento di un fatto prodigioso di cui è protagonista il Santo. Il priore aveva proibito a San Vincenzo di fare miracoli perché secondo lui ne faceva troppi ed aveva iniziato così a contenersi. Un giorno mentre camminaper una via vide un uomo che cadeva da un’impalcatura. Sapendo di non poter compiere il miracolo, in obbedienza al suo superiore, lascia l’uomo sospeso in aria e corre a chiedere al priore il permesso di poter intercedere per l’uomo. Giunto sul posto anche il priore, e incantato dal prodigio, consente a San Vincenzo di poter salvare l’uomo: per questo il Santo è ritenuto il patrono dei muratori.

La gran parte delle immagini presente una fiammella sul capo del Santo (come gli Apostoli a Pentecoste) ad indicare il dono dello Spirito Santo che consentiva a tutti i fedeli di comprendere le parole che gli annunciava.

Altre volte è raffigurato con le ali per richiamare la sua predicazione come l’angelo dell’Apocalisse o la sua bontà che lo faceva simile ad un angelo. Talvolta nell’immagine sono presenti altri simboli come una banderuola, oppure il giglio e la colomba (simboli della purezza del suo corpo e della sua dottrina), il libro in mano (ad indicare la diffusione della Parola di Dio e della Dottrina Cristiana) e sul quale sono impresse le parole “Timete Deum” (che è un invito a prendere Dio sul serio), il Crocifisso (ad indicare la sua fede incrollabile nel Signore con la quale tiene lontano il male), un cappello accanto ai piedi (ad indicare il rifiuto dell’offerta delle cariche ecclesiastiche).

La festa 

Ogni anno gli abitanti di Camerota tributano al loro santo patrono, San Vincenzo, solenni festeggiamenti, in particolare in due occasioni: nel giorno della memoria liturgica, ossia il 5 aprile, e nella seconda domenica di luglio. È una devozione molto sentita che vede una grande partecipazione di popolo, accresciuta ulteriormente dall’arrivo in paese di emigranti sparsi per l’Italia e per il mondo, che ritornano proprio per la festa. Il grande attaccamento al Santo è espresso non solo nella maestosità dei festeggiamenti ma anche nella nutrita partecipazione ai tanti momenti di preghiera. 

Così durante il triduo in onore di San Vincenzo i fedeli intorno accorati canti per invocare il santo patrono:

Benedici, patrono potente,

Camerota, gli Ulivi, i suoi colli, 

e chi sparge la buona semente 

e chi vive del suo lavor.

Deh! Proteggi da ogni periglio 

il tuo popol devoto e fedele 

in ogni alma tu vedi il tuo figlio 

e l’esorti e lo guidi nel ciel.

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