Santuario del Monte Gelbison: domenica la chiusura

Ernesto Rocco

NOVI VELIA. Come da tradizione la seconda Domenica di Ottobre segna il termine ultimo per visitare il Santuario Mariano posto sulla vetta del Monte Gelbison. Dal Maggio all’Ottobre migliaia di pellegrini, di anno in anno, accorrono per rendere omaggio alla Madonna venerata nel santuario più alto d’Italia ed uno dei luoghi di culto più noti di tutto il meridione.

Purtroppo negli ultimi anni non sono mancate limitazioni: prima per il pericolo rappresentato dai fenomeni franosi lungo la strada che permette di raggiungere la sommità del monte e poi per l’emergenza covid che anche domenica limiterà le iniziative, seppur con meno restrizioni rispetto allo scorso anno.

Nel giorno della chiusura suggestivo è il rituale che vedrà i fedeli volgere l’ultimo saluto alla Vergine la cui immagine verrà “velata”. La riapertura è prevista per l’ultima domenica di maggio.

La storia del Santuario

Il Santuario fu fondato dai monaci basiliani nel X secolo su un preesistente sito pagano. Il primo documento che ne attesta l’esistenza è del 1131; nel documento si fa riferimento a una Rupis Sanctae Mariae nel feudo di Rofrano. In seguito, il complesso religioso venne ampliato divenendo un vero e proprio santuario, posseduto dal vescovo di Capaccio fino al 1323 anno in cui Riccardo di Marzano, barone di Novi, lo comprò per cederne l’uso alla congregazione dei Celestini di Novi.

Nel XVIII secolo, poi, il Santuario ritornò in possesso del vescovado di Capaccio. Nel 1908 ebbero inizio i lavori di ampliamento della chiesa che terminarono dopo nove anni e l’8 settembre 1917 si tenne, appunto, la consacrazione del nuovo edificio. La vetta del Monte Gelbison è meta di pellegrinaggi fin dal 1300 e non mancano leggende che aggiungono fascino a un luogo già suggestivo di per sè.

La tradizione vuole che siano stati proprio i pastori di Novi a fondare il Santuario. Avendo iniziato i lavori di costruzione di un piccolo tempio mariano alle falde del monte e trovando ogni mattina distrutto il lavoro del giorno precedente, i pastori decisero di trascorrere la notte vegliando per capire chi fossero gli autori di quel gesto. Gli uomini avevano portato un agnello per sfamarsi ma, sul punto di essere uccisa, la bestia riuscì a scappare correndo fin sulla vetta del monte dove si arrestò dinnanzi a un muro che ostruiva l’ingresso in una grotta in cui i pastori scorsero l’effigie della Madonna.

Avvisato dell’accaduto, il vescovo di Capaccio si recò personalmente sul monte per verificare quanto raccontato dai pastori e, nel momento in cui impose le mani per benedire la grotta, si udì una voce dall’alto che diceva: “Questo luogo è santo ed è stato consacrato dagli Angeli”.

Un’altra leggenda narra della visita al Santuario da parte di due cavalieri longobardi. Uno di essi, però, non entrò rimanendo sulla porta a schernire il suo compagno che – entrato a ringraziare Maria – si stava ricoprendo di ridicolo compiendo un gesto non adatto ad un vero guerriero. D’un tratto, però, il suo cavallo si imbizzarrì portandosi fin sull’orlo del precipizio. Il cavaliere, allora, invocò la Madonna che gli risparmiò la vita facendo arrestare il cavallo su una sporgenza calcarea oltre il ciglio del dirupo. Da allora lo spuntone è denominato “ciampa di cavallo”e da quell’episodio deriverebbe l’usanza dei pellegrini di gettarvi monete. Se a centrare lo spuntone è una donna nubile, ella vi ritornerà da sposata. Nel caso si tratti di una persona anziana, invece, sarà garantito il ritorno anche l’anno seguente.

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