Cilento: Margarita come Carlo, parla la mamma del 15enne morto a Punta Licosa

Redazione Infocilento
Carlo Velardi

Era l’aprile del 2019 quando il Tribunale di Vallo della Lucania emise in primo grado cinque condanne per la morte di Calco Fulvio Velardi. Aveva 15 anni il giovane, quando, in località Punta Licosa di Castellabate, cadde in un precipizio dopo che la staccionata in legno sulla quale si era appoggiato cedette di colpo. L’impatto col suolo fu fatale per il giovane in vacanza con la famiglia. I fatti nel 2011.

Margarita e Carlo Velardi: un triste destino comune

La morte della piccola Margarita a Palinuro ha riportato i ricordi indietro nel tempo. Anna Maria e Roberto Velardi, genitori di Carlo, appresa la tragedia, hanno subito rivissuto il loro dramma.

Le parole della mamma

Proprio la mamma del giovane ha ricordato l’episodio, con una lettera che punta l’attenzione sulla tragedia, sulle fasi successive e sull’incubo vissuto dalla famiglia.

«Dieci anni fa in circostanze simili, a Punta Licosa, sempre nel Cilento, è morto a 15 anni mio figlio Carlo Fulvio Velardi.

Avrei potuto pensare a una fatale, tragica, coincidenza se le immagini apparse nel TG regionale non avessero inquadrato una maledetta staccionata di legno che ancora una volta, per i materiali utilizzati, per il modo in cui è stata installata, per la mancanza di manutenzione, si è rivelata una trappola mortale. Ho rivissuto tutto. La stessa staccionata assassina, dopo la morte di mio figlio, è stata installata in altri luoghi del Cilento.

A nulla sono valse le nostre denunce sui quotidiani. A nulla è valsa la perizia da noi presentata al processo per la morte di Carlo, che illustra nel dettaglio i materiali e le modalità di installazione di un simile manufatto sul limitare di un sentiero a strapiombo. Leggiamo ancora una volta che la procura della Repubblica di Vallo della Lucania dovrà far luce sulla vicenda.

E mentre tutto il bagaglio di frasi fatte viene rispolverato a corredo della tragedia vera di una famiglia, mi viene da pensare a quello che è successo alla mia famiglia: interminabili anni di tortura tra processi rinviati, cambi continui di pubblici ministeri e di giudici. Solo due anni fa una sentenza di condanna penale di primo grado, ora si va in appello, mentre del processo civile ancora nulla. Nel frattempo la notizia diventa vecchia, perde la sua forza attrattiva e viene superata da altre più fresche. E noi qui ad abbracciare idealmente la famiglia tedesca vittima della stessa tragedia che ha colpito noi».

Anna Maria Velardi

Per Carlo il prossimo luglio comincerà il processo d’appello presso il Tribunale di Salerno.

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