Cilento in festa per San Biagio!

Emma Mutalipassi

Il 3 febbraio si celebra San Biagio. Insieme alla Candelora (2 febbraio) rappresentavano e forse rappresentano una tappa importante nei ritmi di vita della società contadina del Cilento, perché queste festività ponevano fine ai rigori ed alla forzata pausa dell’inverno e, con i primi tepori della primavera annunziata, vi era la ripresa dei lavori nei campi.

L’inverno, però, poteva riservare all’improvviso pericolosi colpi di coda e scaricare ancora freddo, gelo e neve. Ma, a proteggere l’incauto contadino, ci pensava san Biagio.

Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente quanto in Oriente. Vissuto nel IV secolo, era un medico di origine armena. È ritenuto dalla tradizione vescovo della città di Sebaste in Armenia, dove operò numerosi miracoli. Le reliquie di San Biagio, morto martire intorno all’anno 316, sono custodite nella Basilica di Maratea (Potenza), città di cui è protettore. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Venerato in moltissime città e località italiane, sono diffusi ancor oggi i riti in onore di questo Santo (è celebrato a Casal Velino, Altavilla Silentina, Sicilì, Matonti, Montecorice e Ottati), protettore della gola, sulla cui origine ci sono differenti versioni.

In Cilento i fedeli accorrevano in massa a farsi ungere d’olio benedetto, ancora oggi il gesto ispirato del sacerdote che scandisce formule propiziatorie cariche di mistero viene ripetuto e fortemente sentito. Resta nelle chiese del Cilento, così belle nella loro semplicità, questa ritualità carica di fascino e di mistero. Ci sono ancora tanti fedeli che hanno l’abitudine di ripetere i gesti e la tradizione di pietà in occasione delle feste della Candelora e di san Biagio. Questi rituali rispecchiano un modo tutto proprio di intendere e vivere la religiosità legata allo scandirsi della vita ed ancora oggi è possibile trovarne delle tracce, un modo misto di mistero, supertizione e fede.

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