Libriamoci: all’Ancel Keys ASSAGGI di POESIA per POESIE di ASSAGGI

Comunicato Stampa

Il 25 ottobre 2018, nell’ambito di “Libriamoci. Giornate di lettura nelle scuole”, la Biblioteca della Fondazione Alario per Elea-Velia di Ascea – come di consueto nell’ultima settimana del mese di ottobre – “si trasferisce” nelle cucine dell’Istituto per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione “Ancel Keys” di Castelnuovo Cilento, per la quinta edizione di ASSAGGI di POESIA per POESIE di ASSAGGI: un progetto inedito, ideato dalla Biblioteca appositamente per gli alunni del “Keys”, che coniuga il piacere della lettura alla preparazione di gustose pietanze rielaborate con ingredienti tipici della tradizione enogastronomica locale.

Dopo le odi “alimentari” di Pablo Neruda, gli scritti “golosi” di Giacomo Leopardi, gli “approvvigionamenti” letterari del Don Chisciotte di Cervantes e i “benevoli legumi” di Margaret e Ancel Keys, quest’anno – 2018 Anno europeo del Patrimonio culturale e Anno del Cibo italiano – è il Decameron di Boccaccio la fonte letteraria delle letture in programma, selezionate allo scopo di indagare e mettere in luce – “In campagna con l’allegra brigata” – le tante declinazioni del cibo nel capolavoro dello scrittore di Certaldo.
Utilità del cibo, allegria del cibo, il “cibo crudele” sono tra le principali funzioni che il mangiare e il bere assumono nel Decameron, caratterizzando fortemente le imprese e i momenti di quotidianità dei protagonisti delle novelle.
L’etica del profitto e del guadagno – quasi sempre di tipo economico, ma anche espresso in altre forme di vantaggio – caratterizza l’uso del cibo e del vino in molti dei racconti della “lieta brigata”, incarnando massimamente i valori fondanti della classe mercantile, cui Boccaccio appartiene.
La Marchesa di Monferrato – per rintuzzare le mire illecite del re di Francia, che non avrebbe dovuto importunare una donna sposata e che, colta al volo l’allusione, si allontana senza aver attentato alle virtù della marchesa – fa preparare al sovrano un sontuoso banchetto a base di sole galline, uguali in tutte le parti del mondo, come le donne da corteggiare, purché non impegnate.
Federigo degli Alberighi offre in pasto a Monna Giovanna, nobildonna di cui è perdutamente innamorato e per la quale ha dilapidato tutto il suo patrimonio, la sua unica fonte di ricchezza rimastagli: il falcone che usava nella caccia e il cui sacrificio gli varrà il matrimonio con Giovanna e il reinserimento sociale.
Cisti fornaio, umile popolano, mostra i tratti del gran signore nell’offrire con delicatezza e finezza, in bicchieri lucidi e ben puliti, dell’ottimo vino bianco al nobiluomo Geri Spina – di cui guadagnerà l’amicizia, per le sue cortesie da buon borghese – e ai suoi importantissimi ospiti, ambasciatori del Papa.
Il brigante Ghino di Tacco guarisce il doloroso mal di stomaco dell’abate di Cluny – ottenendo, in tal modo, il perdono papale e il reintegro nelle terre che gli erano state confiscate – costringendolo per molti giorni ad una dieta povera, costituita da “due fette di pane arrostito, un gran bicchiere di vernaccia e fave secche”.
Altre volte, invece, il cibo non assume alcun particolare significato ed assolve alla sua esclusiva funzione di fonte di nutrimento e sussistenza.
Ser Ciappelletto – nella sua falsa confessione in punto di morte, che lo porterà a diventare, da uomo pessimo e peccatore quale era stato in vita, un santo da venerare – ricorda le “insalatuzze d’erbucce” come suo massimo peccato di gola tra ripetuti digiuni di pane e acqua.
“Buon vino e confetti” sono, invece, il “riconforto” di Landolfo Rufolo sull’isola di Corfù, dove il commerciante di Ravello approda dopo un naufragio in mare e riesce a recuperare le forze grazie alle cure di una “buona femina” del posto.
Nel Decameron il cibo può essere anche “crudele”, poiché causa o espressione di dolore e infelicità. E’ il caso, ad esempio, della novella di Lisabetta e il vaso di basilico: Lisabetta da Messina recupera la testa dell’amato Lorenzo – che i fratelli della ragazza avevano ucciso, ritenendolo indegno dell’amore della sorella, perché di condizione sociale molto inferiore – e la depone in un vaso di basilico, che diventa particolarmente rigoglioso perché innaffiato dalle sue lacrime.
Infine, in molte novelle il cibo e il vino diventano occasione di scherzo, sorriso e allegria, contribuendo a costruire atmosfere festose e goderecce.
Il cuoco Chichibìo – nel giustificarsi per aver donato a donna Brunetta una coscia della gru che il padrone, Currado Gianfigliazzi, gli aveva ordinato di arrostire per cena – afferma convinto che “le gru non hanno se non una coscia e una gamba” e suscita l’ilarità di Currado quando, l’indomani, davanti a un gruppo di dodici gru che dormivano sulla riva del fiume su una gamba sola, lo ammonisce per non aver gridato “ho, ho” alla gru della sera precedente, in modo che anche questa, come avevano fatto le altre, avrebbe tirato giù l’altra gamba.
Il mitico paese di Bengodi – la cui descrizione è affidata al racconto di Calandrino ai compagni Bruno e Buffalmacco – è sicuramente lo scenario del Decameron che più si presta a rappresentare l’allegria del cibo: Bengodi è il classico “paese della cuccagna”, dove le vigne si legano con le salsicce, l’acqua del fiume è in realtà “vernaccia della migliore che mai si bevve” e sopra una montagna “tutta di formaggio parmigiano grattugiato” le persone preparano “maccheroni e raviuoli” in “brodo di capponi” e poi li gettano giù, al motto di “chi più ne piglia, più ne ha”.
Ospite d’eccezione lo stesso Boccaccio, “In campagna con l’allegra brigata” gli studenti dell’indirizzo “Accoglienza turistica” si cimenteranno nella lettura dei passi prescelti, mentre quelli della sezione “Enogastronomia” affiancheranno la preparazione e presentazione di piatti ispirati ai contenuti e ai protagonisti delle novelle succitate.
ASSAGGI di POESIA per POESIE di ASSAGGI sarà ripetuto il 26 ottobre 2018, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Casal Velino, presso la sede del Bivio di Acquavella, dove i giovani allievi della scuola media diventeranno protagonisti non solo delle letture, ma anche dei commenti critici ai racconti boccacceschi di convivialità, arguzia e infelicità che nel cibo trovano il loro leitmotiv.

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