Cinipe del castagno, allarme di Coldiretti: indennizzi non bastano

Comunicato Stampa

“Necessario intervenire con misure fitosanitarie che rilancino il comparto”

Per fronteggiare la “battaglia” contro il cinipide del castagno, che ha devastato in questi anni interi boschi azzerando i raccolti, non bastano gli indennizzi economici ma è necessario intervenire con misure fitosanitarie fondamentali per favorire la lotta biologica.

E’ l’appello di Coldiretti agli agricoltori salernitani. “Per favorire l’insediamento degli antagonisti naturali nei castagneti da frutto – spiega il direttore Enzo Tropiano – è fondamentale non bruciare gli scarti di potatura, in modo da facilitare la diffusione del Torymus, l’antagonista naturale del cinipide. Ricordiamo agli agricoltori che gli scarti potranno essere raccolti o asportati durante le operazioni di ripulitura dei castagneti precedenti la raccolta, poiché in quello stadio l’antagonista è già uscito dalle vecchie galle e ha già parassitizzato quelle formatesi nell’anno in corso. Ciò che si auspica è la massima collaborazione di tutti i castanicoltori affinché la lotta sia efficace e produttiva: la mancata osservanza di queste regole rischia di pregiudicare la riuscita di queste faticose e costose operazioni e di compromettere anche la prossima annata”.

“Gli indennizzi da soli non bastano – continua Tropiano – purtroppo molti castagneti sono in uno stato di abbandono che crea solo ulteriori danni. Per questo motivo bisogna intervenire sulle piante in maniera efficace per restituire valore a un comparto che è strategico per il territorio”. La provincia di Salerno vanta il maggior numero di aziende agricole e la più ampia superficie investita con quasi 6mila ettari vocati a castagneti tra la zona a ridosso con l’Irpinia che ricade nell’areale di produzione della Castagna di Serino e quella del Marrone di Roccadaspide. Il Cinipide galligeno del castagno è oggi presente in tutti i comuni castanicoli campani. Le perdite economiche, nel solo settore agricolo, superano i 50 milioni di euro. Si sono perse circa 250.000 giornate lavorative nella sola fase di raccolta, altrettante nelle fasi di prima e seconda lavorazione.

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