Fiammelle d’olio e celebrazioni religiose: preghiera di rinascita per il 14 agosto

Redazione Infocilento
Olio

Piccoli e grandi focolai notturni illuminano la notte cilentana che anticipa il Ferragosto

È la notte del 14 agosto e il Cilento si riempie di piccoli e grandi focolai notturni, per festeggiare alle calende del mese, le feriae Augusti, le feste di Augusto, parte, in epoca pre-cristiana, di tutta una serie di festività che occupavano le settimane centrali dell’ottavo mese dell’anno con celebrazioni varie dedicate a diverse divinità pagane.

Pare che si debba a due di queste divinità in particolare, la permanenza, nella tradizione, dei fuochi, meglio noti come falò o, anticamente, come focare,  che tutt’oggi colorano la notte del 14.

Si tratta di Diana, “regina delle selve” e Atagartis, dea siriana patrona della fertilità e del lavoro nei campi: due divinità che s’inscrivono non a caso nella ritualità contadina, essendo questa il tessuto principale entro cui si tiravano i fili di un continuum propiziatorio che giunse in epoca cristiana a connettersi con le festività religiose del 15, giorno in cui si celebra l’Assunzione al cielo della Beata Vergine.

Ma insieme alle focare c’è un altro piccolo fuoco che splende sul limine delle finestre e dei terrazzi degli abitanti del Cilento questo giorno di roghi portafortuna: sono le fiammelle del rito dell’olio, per il quale una candela immersa nell’olio d’oliva, frutto della raccolta dell’anno trascorso, viene accesa e lasciata ardere per l’intera notte col fine di ingraziarsi la divinità e la Vergine per far si che questa aiuti “l’olio nuovo a scendere nelle piante”  per l’annata a venire che riprende con la fine di settembre.

Il rito testimonia la straordinaria importanza che la coltura dell’ulivo detiene oggi e deteneva in passato nelle aree collinari e montuose del Cilento, dove per secoli ha rappresentato il primo mezzo di sussistenza per le popolazioni locali, oltre ad inserirsi nel ciclo dei riti dediti alla Grande Madre protettrice delle attività agricole, in una funzione in seguito trasferita alla Vergine durante i primi secoli dell’evangelizzazione cristiana in Oriente, terra di origine tanto della pianta d’ulivo che della dea siriana Atagartis su citata, la Grande Madre giunta successivamente in Occidente, già agli albori del IV secolo d. C., attraverso iterazioni simboliche con la figura della Madonna.

Il Cilento inoltre, denominato proprio Terra di Maria, è il luogo in cui numerose si riscontrano le connessioni tra le credenze magico-rituali legate alla celebrazione della Grande Madre e la sacralità del culto cristiano di devozione alla Vergine, che si tinge di caratteri archetipici quali il trascendente femminino e la fertilità-fecondità dell’imago materna. A ciò si aggiunga che la pianta d’ulivo è essa stessa associata nella mitologia alla fertilità e alla rigenerazione per chiudere quindi il cerchio dei rimandi in un’unica visione sincretica che rende il rito dell’olio e le celebrazioni per l’Assunzione una sola preghiera di rinascita.

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